Sono
nata in Cina
Sono nata l’1/10/83 in Cina, in un paesino di campagna vicino a
Shanghai. In un paesino del Zhejiang ho trascorso la mia infanzia fino al
compimento di sei anni; quest’infanzia l’ho vissuta insieme ai nonni, perché
mio padre, dopo essersi sposato con Chen Xiaochun (mia madre), è dovuto
immigrare in Italia per motivi economici. Qualche mese dopo, mia madre è
incinta e dentro la sua pancia ci sono io; dopo appena cinque mesi dalla mia
nascita, mia madre deve lasciarmi alle cure dei nonni, perché deve raggiungere
il mio papà in Italia.
All’inizio non soffrivo per la mancanza dei genitori, per il
semplice motivo che i nonni erano quasi dei veri genitori; ricordo che erano
molto affettuosi e non mi facevano mancare niente; così ho passato i miei sei
anni spensierati tra giochi e divertimenti tra le maestose montagne del
Zhejiang.
Rammento che ho vissuto di solito con i nonni materni; a volte
andavo a Shanghai per trovare la nonna paterna (il nonno era già morto prima
che nascessi). La mamma del mio babbo, prima, abitava a un chilometro dalla
casa in cui vivevo, poi ha dovuto trasferirsi (per modo di dire): in verità è
scappata a Shanghai perché la moglie del fratello del babbo era incinta e,
siccome lei aveva già una figlia, la legge le imponeva di abortire. Ma loro non
volevano e così, dopo tanti avvenimenti, l’amministrazione di Shanghai ha
demolito la casa in campagna. Comunque alla fine è nata mia cugina.
Non avevo solo i nonni in Cina, ma anche delle zie e zii che mi
volevano bene.
Dopo aver compiuto sei anni, ho sofferto molto quando la nonna mi
diceva che dovevo lasciare la Cina per andare a vivere in Italia insieme alla
mia famiglia; avevo pianto molto perché non volevo lasciare i nonni.
La nonna mi parlava della mamma, che sarebbe venuta a prendermi
per portarmi dalle mie due sorelle e da mio fratello. Io in quel periodo
soffrivo tanto: ho pensato: per quale motivo i miei genitori sono andati via e
mi hanno abbandonato in Cina?
Mi sentivo sola e incompresa.
Quando nel 1990 mia madre venne in Cina, io ero felice, perché
avrei potuto conoscerla, ma infelice di dover lasciare il mio paese e le
persone che mi erano più care, per andare a vivere in un ambiente sconosciuto.
Dopo l’arrivo della mia mamma, rimasi per altri due mesi in Cina.
In quegli ultimi giorni andai a visitare tutti i miei amici; ogni persona che
mi conosceva aveva sempre un regalo per me.
La mia migliore amica, anche se era povera, mi regalò una spilla:
ho un felice ricordo di lei, era sempre presente quando mi sentivo sola.
Passati i due mesi, partii per l’Italia con la mamma: presi l’aereo
Shanghai-Pechino, qui soggiornai per una settimana e visitai insieme alla mamma
tutta la città.
Mia madre è una donna robusta, con un carattere molto forte ed a
prima vista sembra che sia di ghiaccio. Ma in quei giorni a Pechino mi resi
conto della sua dolcezza e disponibilità.
Trascorsa la settimana, mi recai all’aeroporto e partimmo verso
l’Italia.
Arrivai a Bologna alle 9:00 di mattina. Insieme alla mamma mi
recai alla stazione di Bologna con un taxi, mentre ero in taxi ero così stupita
dalle persone che vedevo, perché non avevano i capelli neri come me, ma mi
meravigliavo di tante teste di colori diversi.
Quando sono arrivata alla stazione di Rimini, c’era il babbo: un
uomo di media statura, non tanto bello, ma con una bell’espressione di
felicità. Era venuto a prenderci; in un primo momento ho avuto paura nel
vederlo, ma poi mi sono tranquillizzata. Mio padre ci accompagnò in via
Coghetti, poi disse che doveva andare a lavorare; appena arrivata a casa mi
stesi nel letto e mi addormentai. Non ricordavo di avere lasciato la Cina e di
essere in Italia, un posto che avevo sentito solo nominare. Il giorno seguente,
al risveglio, pensavo di essere in Cina e per questo aprii la porta di casa e
con meraviglia vidi le case ben fatte e davanti ad ogni cancello c’era una
macchina parcheggiata su una strada ben costruita e non più le vecchie case
decadenti di campagna che vedevo nel paesino della mia patria.
Nel pomeriggio la mamma mi accompagnò dalla zia e durante il
tragitto sentivo rumori di clacson e motori delle macchine, mentre a Shanghai o
nel Zhejiang l’atmosfera era più silenziosa nel pomeriggio.
Dopo aver conosciuto la zia, la mamma mi portò in un parco e lì mi
comunicò che fra qualche settimana sarei dovuta andare all’asilo. Il primo
giorno d’asilo ero intimorita e vedere tanti bambini, pensavo che nessuno mi
avrebbe parlato, invece tutti i bambini mi salutarono e cominciarono a giocare
insieme con me, anche se non capivo nulla di quello che mi dicevano, mentre le
mie due sorelle e mio fratello facevano finta di niente, come se non esistessi.
Infatti con loro ho potuto stabilire un rapporto solo quando sono riuscita a
parlare l’italiano.
Ho frequentato l’asilo per alcuni mesi, lì ho trascorso delle
bellissime giornate con maestre premurose, che non badavano alla mia pelle
diversa. Poi ho cominciato la prima elementare e nel primo giorno mi sentivo
spaesata; infatti stavo isolata dagli altri, quando suonò la campanella della
ricreazione, tutti i miei compagni di classe, vedendomi senza merenda, mi
diedero un pezzo della loro; io ero timida e con il capo rifiutai, così essi ci
rimasero male e si allontanarono da me. Solo una ragazzina con i capelli biondi
rimase e mi sorrise. Allora presi il pezzo di panino che mi porse e cominciai a
mangiarlo.
Giorno dopo giorno, mi ambientavo e riuscivo sempre di più a
comunicare con i miei amici che mi aiutarono tanto. Le maestre decisero di
farmi mandare da un insegnante per bambini stranieri, affinché potessi parlare
senza errori. Sono passati velocemente i cinque anni d’elementari e penso che
sia stato il periodo che mi abbia mag-giormente cambiato il carattere e la
cultura influenzandomi sul modo di pensare, e questo grazie alle persone che mi
hanno voluto bene come gli insegnanti e amici, che mi hanno stimolato ad
affrontare il futuro in modo positivo.
Anche adesso che sono alle medie ho trovato professori e compagni
che mi trattano bene. Dico che sono stata fortunata ad incontrare solo persone
affettuose e oneste, che mi hanno sostenuta e non hanno dato importanza alla
mia diversa nazionalità, trattandomi da pari.
Penso che ogni italiano che ho incrociato nella mia strada, abbia
contribuito a farmi amare la vita e sperare ad un futuro felice.
Quand’ero piccola non sapevo e non capivo bene le ragioni
dell’immigrazione dei miei genitori e la loro scelta di andare in un paese
sconosciuto e perciò cambiare la propria cultura per apprendere nuove regole,
ma ora ho quattordici anni e sono consapevole della loro scelta; conosco i
problemi di lavoro del mio paese e sono certa che i miei genitori hanno trovato
nell’Italia la loro nuova nazione.
Suppongo che tutti gli immigrati d’ogni nazionalità abbiano
scelto l’Italia perché sanno che è in questa nazione che possono offrire ai
loro figli un futuro migliore.