Non rimaneva che un mese prima di
Natale. Facevo tutto di fretta per avere il tempo di preparare il piernik, una torta di miele
tradizionale.

– Mamma, ma questa torta sarà tutta
«putrefatta» per quando sarà Natale!

– Ma no,
amore, non sarà «putrefatta» perché Natale è domani! Guardai mia figlia di
sottecchi, pronta a strizzarle l’occhiolino ed a spiegarle il perché. Lei,
però, mi voltò le spalle e schizzò via di corsa, urlando:

– Marco, Marco, Marco…

– Che vuoi? Lasciami in pace…

– Natale è domani! Natale è domani!

– Sei proprio pazza! Chi te l’ha
detto?

Nella sua voce c’era un’irragionevole
voglia di credere all’impossibile.

– Me l’ha detto Mamma, sta facendo la
torta per Natale. È domani, è domani!

– Mamma, Mamma! La voce adesso era
allarmata. Ma se non abbiamo l’albero?

– Magda, koteczku1, Natale
non è domani, è tra un mese.

– Ma tu me l’hai detto! La sua voce
era accusatrice, delusa… Tu me l’hai detto!

– Amore, stavo scherzando! Sto facendo
il piernik, la torta di miele, perché
è una torta che si deve fare un mese prima, e poi dobbiamo metterla in una
scatola di metallo e alla fine vedrai cosa ti mangi: è una squisitezza. La mia
mamma me la dava per colazione col burro sopra e la mia nonna la farciva di widle, una confettura di prugne. Ma non
ti ricordi quella dell’anno scorso?

– Non vale!

Magda uscì dalla cucina, battendo il
piede per terra, giocando a fare l’offesa.

Stavo bruciando lo zucchero per il
caramello e grattugiando le spezie quando Marco entrò in cucina.

– Ma non è Natale domani, vero?

– Ma dai! Ho solo fatto uno
scherzetto a Magda, basta adesso. Perché non mi aiuti qui a grattugiare la noce
moscata.

– Che «grattugietta» così piccola! Me
la dai quando non ti serve più? Adesso devo andare, ho da fare.

– Non mi aiuti?

– Maaaamma.

– Va bene, vai a giocare, ma me lo
ricorderò.

Potevo udire, dalla stanza dei
bambini, Magda che canticchiava: –
Domani è Natale, domani è Natale.

– Mamma, falla smettere, ti prego! –
urlò Marco, esasperato.

– Se mi aiuti in cucina – risposi io, ridendo sotto i baffi..

Il silenzio fu assoluto.

L’albero era splendido, alto fino al
tetto, con tanto di decorazioni, di ghirlande di carta dorata, lampadine,
angioletti, e in cima una magnifica stella cometa piena di nastro adesivo. La szopka, presepe, era fatta a mano e
colla calda con personaggi in Das. I tre Re magi e Gesù erano ancora nascosti
dietro la capanna, in attesa. Ogni anno a Cracovia si celebra la grande mostra
delle più belle szopki, la nostra
avrebbe potuto competere, tanto era riuscita!

– Ma sono i Re magi che portano Gesù?

– Magda! Sbuffò Marco disperato. Ma
dove le prendi queste idee! Gesù deve ancora nascere dalla pancia di Maria!

– Lo so, lo so…e poi Maria l’ho
fatta io.

Ero di nuovo in cucina. Il postino ci
aveva appena portato una buona notizia. La lettera che aspettavo era finalmente
arrivata. Ero sollevata, Natale senza oplatek
non sarebbe stato proprio Natale. Mio padre ce l’aveva fatta a farmelo arrivare
in tempo.

Dodici piatti diversi da cucinare.
Dodici, forse come gli apostoli o come i dodici giorni di Natale? Il più
importante per me, forse il più saporito, era il primo piatto: barszcz z uszkami, era un brodo, un po’
pepato, di bietole rosse con dei «cappelletti» ripieni di funghi porcini. Uszka vuol dire «orecchiette». E poi c’è
il pesce in gelatina, i pierogi2,
l’arringa, l’insalata fredda di cavolo rosso cotto con uva passa e mandorle, le
patate bollite, ecc. Alla fine il nostro famoso piernik e il makowiec,
una torta arrotolata a base di lievito con un ripieno di semi di papavero. Per
finire una bella bevanda calda di frutta secca bollita con spezie e zucchero, e
la kutia, grano cotto con semi di
papavero zuccherati.

– Un chilo di semi di papavero.

– Un chilo, signora? Non so se ce
l’abbiamo. Sissina, ce l’abbiamo un chilo di semi si papavero?

– Non lo so! Guarda dietro, sotto la
scatola della farina di ceci!

– Ma lei cosa se ne fa di tanti semi
di papavero?

L’uomo mi guardò con un’aria
sorpresa, quasi insospettita: – Una
torta.

– Una torta?

– Sì, una torta.

– Ma lei non è italiana, vero?

– No, sono polacca e a Natale
facciamo una torta a base di semi di papavero.

– E com’è? Buona?

– Ottima, Se vuole, gliene porto un
pezzettino.

L’uomo si mise a ridere, e divenne
tutto rosso perché rideva piegato in due alzando l’enorme scatola di farina di
ceci.

– Ecco i semi di papavero, tutto un
chilo ha detto, vero?

Mentre si preparavano i piatti
infilai la cassetta delle kolendy, le
canzoni natalizie tipiche della Polonia, erano cosi belle, cosi diverse e
gioiose. Il tempo passava velocemente, e il tavolo della cucina si riempiva di
squisitezze. Uno per volta tutti i membri della famiglia venivano a pizzicare,
e io davo delle piccole pacche su mille mani e prendevo l’aria falsamente
severa che avrei avuto un giorno, quando sarei diventata nonna.

Adesso mi aiutavano tutti a pulire a
fondo la casa perché portava buon augurio. I bambini, irrequieti, per una volta
pulivano con entusiasmo, contenti di avere qualcosa da fare per placare la loro
ansia.

– Mamma, ma è vero che la notte di
Natale, gli animali parlano con voce umana?

– Così dice la leggenda.

– Allora Tobi potrà parlare?

– Se ti devo proprio dire la verità
non ho mai sentito parlare alcun animale a mezzanotte a Natale, ma si dice che
è così. Forse gli animali selvatici? Oppure quelli in campagna…oppure si
tratta solo di una leggenda.

– Allora se Tobi parla, cosa credi
che direbbe?

– Smetti di mettermi i vestiti delle
bambole! Interruppe Marco sarcasticamente, entrando di volata in cucina.

– Marco, tu lo sai che a mezzanotte
gli animali parlano?

– Sì, sì, parlano! E io sono
Gaspare…

– Il fantasma?

– No Magda, il samurai!

– Cos’è un samurai?

– Basta bambini! Marco va a trovarti
qualcos’altro da fare per piacere… Gaspare, Melchiorre e Baldassare, sono i
tre Re Magi. Marco ti stava solo prendendo in giro.

Stesi sul
tavolo la grande tovaglia bianca, inamidata, immacolata. Come decorazione ci
misi dei ramoscelli tagliati dall’albero. Apparecchiando, mettemmo un piatto in
più che rappresentava un eventuale invitato a sorpresa, Gesù che nasceva, tutti
i cari che non potevano essere qui con noi a celebrare Natale.

I bambini stavano fuori ad aspettare
la Gwiazdka, la prima stella, così
potevamo cominciare la celebrazione. Mio marito, ormai pratico delle
tradizioni, accese la candela vicino alla finestra. Il bambin Gesù avrebbe
saputo di essere atteso, e un eventuale viaggiatore, lontano dalla sua
famiglia, ci avrebbe potuto trovare e chiedere di passare il Natale con noi.
Abitavamo al quinto piano e la possibilità di essere visti, qui in città da un
viaggiatore perso, erano abbastanza remote, ma avevo le mie tradizioni nel
cuore e la candelina mi faceva pensare a quella che avrebbe acceso mia madre
questa stessa notte.

Prima di sederci dividemmo l’oplatek, l’ostia benedetta ma non
consacrata, facendoci gli auguri di pace e di amore. I bambini si strappavano i
pezzi a vicenda ma poi si scambiarono gli auguri con un’aria cosi solenne,
ripetendo parole d’adulti, divertiti.

La sorella maggiore li osservava
sorridendo, tollerante. Aveva vestito lei Magda, con una gonnellina rossa e una
camicetta ricamata bianca, a sembianza della bandiera polacca, per farmi
piacere. Lei stessa indossava una spilla con l’aquila incoronata. L’aquila
aveva perso la corona durante l’insurrezione di Cracovia, ma adesso le era
stata rimessa, e il suo onore era salvo. La mia nonna ci aveva spedito la
spilla l’anno scorso, da Lodz.

– Metto io Gesù, lo metto io! urlava
Magda.

– No! L’ho fatto io, lo metto io,
disse fermamente Marco, facendo piangere la sorellina.

Avevamo deciso quest’anno di mettere
Gesù nella culla dopo la cena così assisteva anche lui all’apertura dei regali.

– Non è giusto, lo voglio mettere io,
tu l’hai fatto, lo metto io.

– Se vuoi, tu puoi mettere i Re Magi,
sono tre, e io metto Gesù.

Tre sembrava più di uno e Magda si
lasciò convincere.

Marco infilò rapidamente il neonato
nella mangiatoia mentre Magda si preparava a disporre i Re.

– Magda, ma i Re si mettono solo il 6
di gennaio, sibilò Marco.

– Io li metto adesso.

– Mamma! Magda vuole mettere i Re
adesso!

– Magda, i Re non si possono mettere
adesso, si deve aspettare il 6 di gennaio.

Magda si mise a piangere rendendosi
conto dell’inganno del fratello.

– Non è giusto, lui ha messo Gesù…

Mi resi finalmente conto della
situazione. Non avevo veramente seguito la loro conversazione vicino
all’albero.

– Non fa niente Magda, se vuoi, tu
gli metti la copertina e le fasce.

Marco mi guardò sorpreso, non avevamo
mai parlato di vestirlo, sentiva che la vittoria gli sfuggiva.

Presi dalla scatola di cucitura un
pezzettino di tessuto grezzo e un po’ di cotone e lo diedi a Magda per vestire
il minuscolo Gesù di Das.

– Ricordatevi bambini che avete
condiviso l’oplatek, adesso è il
tempo di dimenticare le cose cattive, di perdonarci i nostri falli, di essere
buoni e generosi!

Sì, era tempo di pace, di rinnovo ma
era anche il tempo di aprire i regali, i bambini non c’è la facevano più. Poi
saremo andati alla messa di Mezzanotte, non era proprio come la Pasterka ma l’importante era di essere
tutti uniti, qualunque fossero le nostre tradizioni.

1 Gattino

2  Tipo di cappellacci con svariati ripieni, serviti
spesso con cipolla dorata e panna agria.


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