La ballerina e il tamburo
Apparve all’improvviso nella
piazza.
Nessuno lo conosceva e lui
nulla disse.
Le vecchie bisbigliarono
dalle finestre al vederlo arrivare col tamburo e si promisero di non
accoglierlo giammai.
Lui nulla disse.
Al cadere della notte tutti
si prepararono per il ballo, e Lei si fece vedere in piazza.
Sembrava una regina con la
sua ampia gonna, coralli nei capelli e lo sguardo bruciante e altero
Lui chiese permesso e si
sistemò con gli altri musicanti, e quando i flauti chiamarono alla danza,
rimase fermo, come ascoltando qualcosa dentro. Dopo, con lento movimento, le
mani colpirono la pelle e fu come sentire il cuore della terra.
Le vecchie sospirarono
tranquille e lo assunsero come uno di loro.
Lei lo guardò.
Nessuno ebbe il coraggio di
ballare.
Il tamburo abbandonò il
cuore e liberò le mani, e allora furono cavalli
cavalli selvaggi in frenetica
corsa per il cielo del paese. Dopo fu il battere di milioni di ali, l’urto
eterno delle onde e il rombo del tuono in una notte senza luna.
La gente del paese si
meravigliò del prodigio, ma nessuno ballò.
Lei cercava i cavalli
nell’aria e lasciava che le onde immaginarie bagnassero i suoi piedi, ma non
diede importanza alcuna all’uomo che suonava.
Nell’attimo seguente, senza
volerlo, lo sguardo di Lei incrociò lo sguardo dell’uomo. Tutti e due
fremettero e fu allora che Lei danzò.
Il Tamburo diventò
giocherellone e si nascose tra le pieghe della gonna; scivolava e accarezzava
la pelle; s’intrecciava con le gambe della ballerina. In certi momenti
diventava intimo e le diceva cose dolci all’orecchio
Lei danzava e rideva.
Alla fine rimasero soli
nella piazza e Lui, con parole, raccontò del suo amore. Lei lo scoraggiò
sorridente e si perse nelle notte.
E così tutti i giorni: Lui
ripeteva il miracolo sonoro e insisteva nella sua amorosa pretesa e Lei ballava
come dea e giocava e negava e faceva promesse che svanivano, vuote, al vento.
Nel frattempo la loro fama
cresceva, e dappertutto si parlava della bella ballerina e del misterioso
tamburo. S’inventavano storie, si tesseva la leggenda, e al paese arrivavano
carovane di curiosi pronti a sacrificare tutto per vedere e ascoltare il
miracolo.
Fu così che arrivò l’Altro.
Nessuno lo conosceva. Non
suonava né flauti né tamburi, ma era bello e Lei, al vederlo, s’innamorò.
Quella sera il tamburo li
vide arrivare insieme alla piazza, e sentì quando Lei disse all’Altro: “Ballerò
solo per te.”
Suonarono i flauti e il
Tamburo rispose con la magia di sempre. Nessuno vide le lacrime nei suoi occhi.
Lei ballava felice.
Nel mezzo della Cumbia il
tamburo crebbe, si avvicinò e si fuse con la ballerina.
Tutti rimasero in silenzio.
Lei dimenticò che ballava
per l’Altro. Dimenticò sua madre e la sua terra. Nella sua mente esisteva
soltanto la danza e il tamburo.
Tutti ricorderanno per
sempre tanta bellezza.
A poco a poco il Tamburo
assottigliò il suo suono. Si fece tenue e delicato, come paura in cuore di
bambino, e scendeva sempre più, facendosi piccolo piccolo e, in appena un
sussulto senza tempo, si silenziò.
Nello stesso istante la
ballerina muore.