La mia tradizione in valigiaTC "La mia tradizione in
valigia"

 

Cosa ne penso?

Io penso che sia una specie
di circo dove valgono solo le regole dei più forti, sottile come un elastico su
cui si gira secondo le esigenze del circo. Il circo bianco dei cavalieri della
tavola rotonda, la stirpe che ha dato origine a un popolo nobile, di cuore
trasparente e di spirito puro come la neve. Dentro si entra solo quando si fa
parte del clan a tutti gli effetti, fino nei minimi particolari. Finora nessuno
ha mai potuto osare metterci i piedi dall’esterno. Da lì si è originato tutto
quello che noi viviamo oggi.

Nel mondo dove vivo io
esiste una moralità spirituale e umana, in quello del circo esiste una moralità
psicologica, non vedo, non sento, chi vede è un santo (wow! ci puoi giurare),
ma finora solo dei morti si dice che sono santi.

Un giorno l’uomo nero di
nome Pongo mi chiede:

– Come ti chiamo figliolo?

– Stai dicendo a me?

– Sì, proprio a te.

– Io mi chiamo Sinan.

– Ah! Sinan come Sinai…

Lo interrompo sul nascere: –
Ehi! Fermo un momento! Cosa c’entra Sinai con Sinan?

– Sinan deriva da Sinai,
Sinai è la montagna di Mosè.

Allora io gli chiedo:

 – E allora?

– Mosè è Mosè, ma Sinan è da
Sinai, quindi tu sei un frutto di Mosè.

– No, non io.

– Perché tu no?

– Perché Mosè era un santo e
io non lo sono.

– Sinan, Sinan, tu puoi
diventare un santo, se Dio vuole… Dio è il buono che c’è in te.

– E allora il male?

– Il male sei tu, prova a
dirmi quanti anni hai…

– Io ne ho ventotto, forse
trenta.

– Bene. Sinan, se io ti
chiedo di raccontarmi tutta la tua vita da quando avevi quattro anni, e se io
scrivessi solo il lato positivo di quello che hai fatto, tu rimarresti un
santo.

– No, io no, grazie.

– Perché no?

– Perché tutti i santi sono
morti e io non sono ancora morto!

Fino a oggi non avevo capito
cosa volesse dire Pongo, forse perché era nero e il colore nero è sempre stato
così misterioso.

Se io ti dico che io so, tu
dirai: – Ma che dice questo?

Se io dico: – Io ho il Dio
in me – tu dirai: – Questo è un fanatico!

Se io dico: – Io ho il
demonio in me – tu diventeresti curioso… chissà perché è così?

Tutti sappiamo che l’uomo
guadagna il pane grazie alla propria fatica, si raggiunge il bene attraverso il
male ma non si raggiunge il bene usando il male. Ti chiederai che cosa sono
queste battute spiritose. Cerca di seguirmi in questo discorso semplice e
diretto: i cavalieri del circo bianco sono i migliori in assoluto nel
guadagnarsi il pane quotidiano. Uno dall’esterno può solo entrare nel giro ma
non potrà mai diventare uno di loro. Possiamo dirla anche così: supponiamo che
sotto la tua maschera trasparente, ingannando tutte le guardie, sei riuscito a
far parte di loro, comunque tu, come extracircolare, ti sei avvicinato solo alla
terza area, tra media e potere. Rimane infatti ben visibile questo fatto che
nonostante la tua esperienza non potrai accedere alla qualifica per poter
prestare servizio per i così detti cavalieri intelligenti. La loro credibilità
ha radici nei secoli ed è illustrabile in tre punti: prima di tutto il loro
cuore trasparente che ha illuminato l’intera progenie con i loro libri sacri;
secondo, lo spirito puro che ha saputo sfruttare lo stesso cuore, terzo sono
riusciti a mantenere il circo acerbo e fresco nonostante la loro capacità di
espansione e la potenzialità intellettuale e teologica che tutto trascina a
rimorchio.

Sono dei cavalieri ben
addestrati. La loro storia risale a un periodo compreso tra il 2000 e il 1500
a.C. nell’area del Mediterraneo orientale a noi nota grazie a un semplice
codice: l’alfabeto. I membri del circo: ebrei, greci, latini, arabi e slavi.
Tutto questo accadde 4000 anni fa. L’alfabeto è ciò che apre l’accesso alla
filosofia, alla fisica, alla scienza e alla tecnologia. Il gioco ha inizio da
qui: più lettere e numeri riesci a combinare, meno complicazioni nella società
troverai. Questo meccanismo costituisce un formidabile apparato basato su una
morale psicologica che fa in modo che il circo sia così stretto.

Come il collo di una bottiglia
dove nemmeno la formica nera riesce a passare.

Pongo diceva che un
cavaliere del circo bianco può valere fino a mille extracircolari e questo
perché il loro curriculum ha un valore permanente, confermato da esperienze
storiche solide che coprono loro le spalle. Questo permette loro di prevedere
anche il futuro.

L’uomo nero è stato colto di
sorpresa e si è trovato a seguire il binario di una civiltà che segue ritmi
rapidi e aggressivi, mentre egli viene da dove il tempo è sempre stato a sua
disposizione.

Pongo commenta:

– Nonostante le sconfitte e
la fame sarà proprio il tempo, che sosteneva le nostre idee quando la vita era
il principio costituzionale dell’eguaglianza fra tutti, a diventare formula
magica. I nostri anziani dicono che prima o poi il circo cadrà in pezzi e i
cavalieri dovranno smascherarsi, e la spada nelle loro mani non sarà più
invisibile.

La logica dei neri sta nel
trovare e verificare un salvafuturo per gli extracircolari. Tutto questo ha
bisogno di una lunga preparazione che è già in corso ed è un  punto cruciale di discussione che ha finito
per seppellire sotto una montagna di parole e eventi tragici, scene di orrore e
tormenti, un interrogativo ben più sostanziale: come può essere possibile salvare
il principio naturale dell’uguaglianza fra tutti.

Il futuro appare sempre più
complesso ma dietro gli occhi esiste sempre la giungla nera.

Finora nella terra degli
extracircolari non succedono i miracoli perché tutto è telecomandato. Dicono in
giro che si sta aspettando un messia per liberare i figli della terra
extracircolare dalla catena babilonese. Chissà se il ritorno del messia avrà
luogo proprio in quel continente… là dove ci sono genocidi di massa, fame,
malattie incurabili… e chissà se il messia vorrà fare giustizia?

Questo non chiederlo a me,
perché nemmeno io so cos’è la giustizia, perché mentre nel circo rotondo gli
anziani continuano a essere allergici ai profumi, quelli della terra nera
continuano a cacciare via le mosche dalla faccia: più profumo, più mosche.

Per un attimo si è pensato
che siano i miti americani a fare da Maometto, a partire da M.L. King fino ad
arrivare a Malcom X, ma essi sono riusciti a diventare solo dei santi. Nel
continente nero Nelson Mandela è stato l’unico che è sopravvissuto: può forse
essere lui il nuovo messia?

Prendiamo in considerazione
la sua vita: è l’uomo che ha sempre sognato un’impresa che gli è costata gli
anni migliori della sua vita. L’uomo ha bisogno di tempo per curare le sue
ferite ed è il tempo che ha curato il suo sogno.

Mandela è riuscito a
superare le catene in cui era costretto, grazie a una bacchetta magica: il
tempo. Rimane sempre un ex-galeotto e inoltre sappiamo che ci si può solo
avvicinare al circo bianco ma non si può entrare. Mandela non è puro come la
neve, né di cuore né di fatto; può fare poco con il trentacinque per cento di
storia in mano, come commenta lui stesso.

Ha cavalcato la montagna
Sinai ma mi sono reso conto che ha ancora tanta strada da fare. Io non credo
che gli  resti molto tempo da campare.
Si pensa sempre che sono i vecchi i primi a morire: può darsi che questo
avverrà anche per lui, diventerà uno dei tanti santi neri che ci guiderà nel
nostro cammino. Ci sono stati altri come lui in passato che non hanno avuto
successo per una ragione semplice: avevano le mani legate, si assicuravano la
posizione di comando in cambio dell’obbedienza ai cavalieri del circo bianco.
Con mille istituzioni diverse da uno Stato all’altro per loro è sempre stata
una corsa per non morire: infatti se finivano di essere utili ai cavalieri,
perdevano i loro privilegi e se ne dovevano andare… ma la terra degli
extracircolari ha sempre risorse interne e un popolo che ha prodotto i miracoli
delle piramidi.

È una guerra senza frontiere
dove, dai politici agli artisti, si lotta sotto un’unica bandiera: il nero è
vita, uomo rinascente. Dove è nato il primo uomo, è là che si deve tornare,
come la vita: la vita ritorna sempre da dove è venuta.

Michael Jackson ha provato a
fare questo con il venti  per cento di
successo, che è sempre poco. Attraverso la sua vita artistica, dopo aver
superato i grandi androctoni, ha fissato saldamente il suo impero ed è
diventato una specie di Robin Hood raccogliendo una ricchezza come nessun altro
mai prima, e poi distribuendola tra i poveri e i bambini di tutto il mondo. Con
“Heal the world” aveva dato vita a tanti bambini feriti dal sistema ed è
proprio in questi anni che ha trasformato il colore, la sua maschera, la bella
e la bestia, facendo l’impossibile portando a sé la figlia nobile del circo dei
cavalieri, la figlia di Elvis Prestley, mito e Mozart del XX secolo. Ma la pura
verità è che un uomo solo non può fare un granché in mezzo agli highlanders che
sono in origine cuori trasparenti e spirito puro come la neve. La golden pass
card di Michael J. è ben nota, ma di fatto il suo successo è del venti per
cento.  I figli della terra dicono che
non è niente male per un uomo solo creare un impero simile, crea una speranza
per un successore. Anche se Michael non è un Kennedy, può comunque entrare
nella Casa Bianca (chissà se nascondendomi tra le sue cose posso entrarci
anch’io).

Nei nostri villaggi i nostri
anziani lo prendono in giro a volte, dicendo che Michael era entrato nel circo
per la missione “radice”, ovvero doveva riprendersi indietro quello che ci
apparteneva. Io ho chiesto agli anziani che cosa era quella missione. E loro
tranquillamente mi hanno risposto:

– Rock ‘n roll, rock ‘n roll
figliolo.

Ma rimane ancora un
interrogativo: riuscirà la generazione M. Jacko a superare le tempeste di neve?

Bisogna avere un cuore caldo
per sciogliere il ghiaccio. Io dico che ci vorranno ancora due secoli per  trovare la “radice”. Ne vedremo delle belle,
dai retta a me.

 

Qui occhio nero nella Milano
che cresce.

 

 


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