Introduzione

Sul numero 6 del febbraio di quest’anno del risorto «Caffè»,
Yousef Wakkas, nel testo "Tra due mondi", scrive:

 

… non guardavo la TV, ma era accesa. Una ragazza, mi sembra di
colore, parlava di immigrati, integrazione, tolleranza e via discorrendo.
Parole che non mi dicevano un bel niente. All’improvviso la sentii parlare di
un concorso letterario riservato esclusivamente per gli immigrati. Presi subito
la penna e scrissi l’indirizzo in fretta sulla copertina di una rivista… mi
sono messo al lavoro la stessa sera. (…) Nella primavera del 1995, quando seppi
che la giuria aveva premiato il mio racconto, mi sentii come se avessi
acquistato una nuova identità, che contrastava e dirimeva quella precedente. Il
dialogo tanto atteso, era iniziato, ora, pur essendo in carcere, mi sento più
libero, perché sono sicuro che, in qualche parte c’è sempre qualcuno che
leggerà le mie parole e, insieme, ci metteremo a discutere, a distanza, le cose
che abbiamo in comune, e non sono poche.

 

Credo che il nostro premio possa scoprirsi, riconoscersi e
definirsi in queste parole dello scrittore siriano, che siamo orgogliosi non
solo di premiare ancora, ma di indicare risolutamente all’attenzione dei
lettori e dei letterati italiani.

Insieme a Wakkas, Gezim Hajdari, Rosana Crispim da Costa, Kossi
Komla-Ebri, Martha Elvira Patiño, Christiana de Caldas Brito, Clementina
Ammendola e altri ancora, formano ormai un manipolo di scrittori italiani della
migrazione che può e deve essere imposto al pubblico delle “patrie lettere” e
delle librerie, al fianco dei Baricco e Tamaro, ma senza (fortunatamente)
somigliargli in niente.

Questa fausta novità annuncia che il nostro premio ha raggiunto
alla sua quarta edizione una imprevedibile e fruttifera maturità. Quella di
raccogliere intorno a sé, dopo averli attirati, adunati e tenuti insieme, degli
scrittori stranieri e migranti che formano un gruppo. Un gruppo che si è
affezionato a scrivere e che ha, variamente, tante cose da dire al pubblico
della letteratura.

Nel mio recente volume su La Letteratura Italiana della Migrazione
(Roma, Lilith 1998) ho definito carsica l’attuale fase di sviluppo della breve
storia della letteratura scritta dagli immigrati in italiano. Carsica perché è
resa invisibile dalla industria culturale e dalla comunicazione di massa al
mercato delle lettere. Ma essa, invece che sparire, fluisce nelle viscere
interrate del mondo parallelo, ramificato in un accogliente rizoma, del
volontariato e del non-profit della società italiana. In questa fase, nascosta
ma positiva, energetica e prolifica, il nostro premio offre il massimo
possibile della visibilità, per testimoniare le sorti progressive della
letteratura della migrazione. E non perché Eks&Tra sia entrato nel circuito
circense della fiera della vanità nazionale, ma, al contrario, perché ha
cominciato a proporre una vera e propria linea letteraria eminente, in un
panorama come quello della letteratura italiana contemporanea in cui non ci
sono gruppi e linee, movimenti e tendenze, ma solo un immenso e caotico bancone
di mercato.

 

* Prof. di Letteratura
comparata, Università La Sapienza, Roma.

 

 

 


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