Quelli che continuano a fuggire
Quelli che continuano a fuggire
nella neve
lasciando dietro le spalle
cieli impiccoliti, muri fragili
che tremano
sono in balìa delle dimore ignote
se non delle pallide lune notturne
Perché spinti a bruciare i ricordi
e a rinunciare alla nostalgia?
e le ceneri dei morti, gli altari
che fine faranno?
volgetevi verso il richiamo, benedite
i fiori calpestati, l’acqua dei pozzi
che avete bevuto
vi saranno protettori durante l’esilio
intrapreso: fra selve incantevoli
e stagioni impietose.
Ora non riusciamo a parlare
Ora non riusciamo a parlare
sotto questi cieli fissi
la nostra lingua si riveste
di un’altra lingua che germoglia
corvi –
corvi che volano su ghiacci e muri
disfatti
anche i fuochi da dove veniamo
non ci consegnano ai nuovi fuochi
dei quali abbiamo bisogno.
Tu esisti di fronte all’inverno
Tu esisti di fronte all’inverno
come una ferita. Immobile e forestiera
in uno spazio imperfetto, mai ospitale
aspettando che il silenzio uniforme
della sabbia
ti parli del segreto. Non ti stordire
dei fumi vaganti e dei nuovi alberi
che prima non c’erano. Dintorno
continuerà la caducità delle cose
la scomparsa dei poeti che legano
il cielo con la terra
È detto che moriremo nelle terre opposte?
i miei anni: fuga nell’ignoto e
risvegli spaventati nelle notti.
Verrà qualcuno a domandare di noi
Verrà qualcuno a domandare di noi
murati nelle crepe dei piccoli giorni
indesiderabili abitanti della tranquillità
dei campi?
Attendiamo da anni
ossessionati dal colore dei morti
che gridano contro la siepe fiorita
Muove una mano appena risvegliata
al crepuscolo. Rompe il silenzio
e intreccia le nostre mute lingue
a modo suo.
Presto conosceremo la nostra voce
Presto conosceremo la nostra voce
e saremo i nomi degli uccelli
che ci cantano nelle dita
troveremo anche il posto nella nebbia
noi uomini di cielo
sedotti a sorpresa nella penombra.
Sono la verità
Sono la verità
di un viaggio e di una linea d’Ombra
custoditi sulla terra viva e chiusa
che vuole nascondermi qualcosa
vivo sospeso
senza appartenere a nessuna dimora
al bivio di un equilibrio
ho camminato con passo lento
fra i morti assetati
per raggiungere l’alba dell’indomani
di incendi e tregue
infinito che mi ospiti
sono stanco del Tempo e del vuoto
cosa è il mio frammento
o il tuo frammento?
la mia angoscia diventa orizzontale
come la mia illusione
sottile diventa anche il muro
che mi difende e mi divide.
Ti chiamo in tutte le stagioni
Ti chiamo in tutte le stagioni.
Inverno che sei assente, immagino
la bellezza dei tuoi campi. Acqua buia
che mi stai vicino, avvicinati di più
salvami dal calvario che si ripete
nel mio sangue e nella mia carne
non so cosa succederà di me. Ho paura
spesso di notte dormo con boschi incendiati
e nelle mani mi scorrono fiumi di cenere
O mio angelo custode
da me qualcosa fugge verso i confini
con gli uccelli neri e il vento d’autunno.
Le ali della mia disperazione
Le ali della mia disperazione
sbattono sulle pareti di un mondo terribile
il silenzio che si ripete nella mia dimora
mi uccide
sono il poeta più triste dei Balcani
nella carne
e nel sangue
di giorno sto con voi e di notte emigro laggiù
portato da un’ombra
qualcuno cerca di cancellare la mia Voce
ma essa sta lì, dove è stata:
in nessun luogo
e in nessun tempo
appesa al crepuscolo.
Dove posso nascondere voci e volti
Dove posso nascondere voci e volti
la pelle disperata
il freddo dell’esilio
vedo che giù, nel fondo stellato
c’è una terra convertita
e un mare arruginito
ritroverò mai
sentieri ospitali nei confini
che mi separano?
Vado e torno nel mio deserto –
persistenza di un sogno penoso.