La vicina del piano di solitudine
L’alba è penetrata nelle tende chiuse
l’allarme di una sveglia risuona
nei silenti meandri del sonno
e la vicina, vicina del secondo piano
nella penombra delle sue palpebre semichiuse
e nel gesto della mano che ferma la suoneria
ritrova di nuovo la mattina.
Dalle cellule della memoria giunge
l’amaro rimasuglio di un sogno
che si dissolve nello spandersi, lento,
della nebulosa massa del torpore
e nell’apparire le linee che si congiungono
nella semplice geometria della realtà:
un libro semiaperto;
una giacca sulla poltrona;
la buia presenza degli armadi e
la fretta fretta
la fretta del risveglio
nella voce macchinosa della strada
la fretta di un ultimo rotolio
nella goduria degli attimi delle lenzuola
e il mattino
(che ondeggia nelle pieghe delle tende
come i flutti plumbei delle acque
ai margini di un remoto orizzonte
dove il mare sfocia nel cielo
e la morbida linea di un volo
si cancella dal lento assalto della nebbia)
e il mattino
le spine gialle del mattino
premono contro le palpebre chiuse
e tra i vapori del sonno
sorge la rotaia di nuovo giorno
cadenzato dalle fermate degli stessi appuntamenti:
il calore della tazza;
delle vesti d’accostare
un po’ d’acqua sulla pelle tirata
dai rivoli asciutti di lacrime
un po’ di colore sulla bocca
raccolta in un broncio
poi, per un istante
il vecchio portone risuona
dell’ultimo eco del rumore dei passi
che si perde nel clamore della strada
e la vicina, vicina del secondo piano,
scompare dietro la curva del viale
tra le pieghe della città.
Tra le pieghe della città
l’inverno è sospeso come un magone
i gatti, pigramente
trascinano le loro esistenze per i cortili
i piccioni appaiono di tanto in tanto
nel grigio dei loro voli corti
e il flusso vagante di uomini e macchine
è rappreso nella sua costanza stanca
come se con tutto quest’andirivieni
si giungesse mai a nessun fine.
È una piccola linea di colore
ficcata
nell’affollato quadro polveroso dei tram!
Un rilfesso labile che incede sulle vetrine
tra oggetti e cartellini di sconto!
Quell’immagine che scivola accanto agli altri
e sosta un poco
nel ruolo di amica, o parente,
davanti a bicchieri colmi o piatti odorosi.
È la mano il cui ricordo
non è rimasto nella stretta di nessuna mano!
Un’impiegata, serena, tediata
che si vende per una paga mensile
e nei mercati baratta forse un sogno
con tovaglie ricamate e uccelli di cristallo!
È una passante la vicina
la vicina del secondo piano
che ogni giorno, al tramonto, riemerge dalla città
nella curva del viale
il vecchio portone risuona di nuovo
del rumore dei passi, strascicati
grevi dei rimbombi della solitudine
che riaffiora!
Le tende sono impregnate di livide ombre della sera
lo schermo acceso del televisore
chiazza la penombra della stanza
di un azzurro alone discontinuo
e la vicina, sul balcone, accanto ai vasi
langue in una molle melanconia
e nel ripasso della giornata
passata nell’usuale lotta
per la sua parte di lavoro, di amore, di amicizia.
Guarda il viale che si riempie di notte
e nel suo pezzo di cielo,
quel riquadro frastagliato dall’assalto disuniforme
di
[palazzi,
attende fiduciosa
il passaggio di una stella cadente
la vicina, vicina del secondo piano
la vicina del piano della solitudine.