L’immigrata

 

– Laila …

Nessuna risposta. Solo l’eco
nella vasta camera da letto rispondeva alla voce della signora Machiavelli.

– Laila … – urlò ancora più
forte l’anziana signora.

Di nuovo nessuna risposta.
Sembrava che contro di lei si fosse schierata un’armata silenziosa pronta ad
imporre la sua forza contro i muri della stanza.

– Laila, devo andare in
bagno. Laila, dove sei finita?

La signora Machiavelli
continuava a chiamare ad alta voce ma nessuno rispondeva. Al piano terra Laila
era sdraiata sul divano e quella musica nostalgica che tanto le ricordava il
suo Paese le teneva compagnia. Il walkman era un regalo di un amico che da
molto tempo si mostrava interessato a lei, ma Laila era diffidente e non aveva
mai detto di sì a Coco. Accettava la sua compagnia ma tra loro c’era solo
amicizia, almeno per lei.

La musica le impediva di
sentire la voce della signora che si trovava nella camera al piano di sopra.
Solo la fine del nastro aveva fatto sì che Laila cogliesse come in un sogno la
voce squillante della donna.

– Laila, devo andare in
bagno, sei diventata sorda?

– Signora, arrivo.

Di corsa Laila salì le due
rampe di scale e come per chiedere scusa si mise a piangere davanti alla
signora.

– E adesso? Cosa ti prende?
Ho capito, eri nelle nuvole, pensi troppo a quel ragazzo… Portami in bagno.

– Mi dispiace signora, ma…

– Niente ma. Su avanti,
spingi questa dannata carrozzella!

Via Giuseppe Garibaldi,
numero 4. In questa casa molto signorile di un quartiere residenziale, inizia
la storia di Laila, 24 anni, maghrebina, da qualche anno in Italia.

Come molte ragazze
provenienti dalla sua terra, Laila era arrivata senza un permesso di soggiorno
e con la testa piena di sogni. Lasciando il suo Paese, Laila sperava di trovare
in Italia la possibilità di continuare a studiare.

L’arrivo in Italia
rappresentava per molti, e così anche per Laila, l’ultima spiaggia per
raddrizzare una vita che le aveva tolto anche la voglia di sperare. Le
difficoltà della vita quotidiana avevano rotto il meccanismo che permette di
credere in un domani e la fuga in massa dei giovani aveva creato nel Paese una
strana sensazione: in Europa il guadagno è più semplice. Ma nessuno sapeva
raccontare esattamente cosa era l’Europa, così ognuno voleva scoprirlo da sé
giocando le proprie carte. In fondo tentare non nuoce.

Così, un’estate, Laila aveva
deciso di tentare la fortuna in un Paese diverso dal suo, diverso per lo
spirito, la religione, le usanze, la lingua e tutto il resto. Il suo sogno era
quello di specializzarsi in alta moda. Prima di giungere in Italia aveva
frequentato il liceo e con qualche difficoltà era arrivata a conseguire la
maturità. In un primo momento aveva pensato di iscriversi all’università, come
desiderava suo padre, ma questo suo sogno fu infranto da una gravidanza
inaspettata. Fu subito allontanata: una gravidanza senza matrimonio era il più
grande dei disonori. Il rimorso l’aveva talmente tormentata che al terzo mese
Laila perse quel bambino che aveva cominciato ad amare.

Segnata dal dramma e posta
al margine di una società che non sentiva più sua, la ragazza aveva trovato in
quel viaggio in l’Italia un’occasione per ricominciare, ma soprattutto
un’opportunità di vita per dimostrare che il filo sottile che legava il suo
sogno alla realtà non era un semplice miraggio. Nella sua testa c’era un solo
pensiero: partire.

“Meglio lasciare questo
posto che vivere con il disonore. E poi di cosa dovrei vergognarmi? Di una
gravidanza senza matrimonio? Di una maternità interrotta? Oppure di avere
inseguito l’amore: è forse un peccato?”

Per molto tempo Laila aveva
pensato a queste cose, ma oggi la sua vita percorreva un’altra strada. Neppure
lei avrebbe pensato di trascorrere il suo tempo a custodire una vecchietta
condannata alla sedia a rotelle.

Al suo arrivo, Laila  aveva in tasca l’indirizzo di una
connazionale e subito si era recata a cercarla. Giunta sul luogo, la sua grande
sorpresa fu quella di scoprire che Fatima viveva, insieme ad altre ragazze, in un
piccolo monolocale dove avevano allestito un angolo cottura. Nella stanza
trovavano posto cinque materassini, un lavandino e un bidet. Il freddo passava
attraverso le finestre rotte e, con sua grande meraviglia, notò che il
condominio era abitato da molti maghrebini, ma anche pakistani, srilankesi,
africani neri e due famiglie di zingari. L’Italia non era più l’America che si
attendeva. Niente di tutto quello che aveva visto alla televisione assomigliava
a questo condominio. Il suo sogno sembrava svanito, anzi le era crollato
addosso, lasciandole il vuoto del disincanto.

Soltanto il coraggio di
affrontare una sfida le fece aprire gli occhi. “Sono convinta che qui potrò
migliorarmi”, ripeteva ormai dal giorno del suo arrivo.

– Non illuderti troppo,
cara. Per noi l’Italia è tutta qui: c’è chi dorme al mattino e la sera lavora,
e c’è chi dorme la notte e il giorno va in giro a cercare madame la chance.
“Tutto inizia e finisce entro queste mura. Datti da fare!”, queste erano le
parole di Fatima. Con le parole del cinismo e della disillusione, Fatima aveva
tentato di spiegare l’Italia alla sua connazionale.

La fortuna di Laila fu
proprio la strada. Una mattina, all’incrocio tra viale Gorizia e corso Mazzini,
un automobilista, non rispettando il semaforo rosso, investì la ragazza. Niente
di grave: una spalla rotta e qualche escoriazione.

Non tutto il male viene per
nuocere. Infatti, dopo qualche giorno di degenza in ospedale, dove Laila fece
qualche conoscenza, Giacomo Minardi, il conducente che l’aveva investita, si
offrì di aiutarla. Certo, senza fissa dimora e senza permesso di soggiorno, le
cose non erano così facili, ma dopo qualche ricerca a Laila fu trovata una
discreta sistemazione: vendere la frutta al mercato e un tetto per passare le
notti.

Il padrone era un uomo senza
cuore, ma Laila aveva bisogno di soldi per riuscire un giorno ad iscriversi in
una scuola di alta moda, ma soprattutto aveva bisogno di soldi per sopravvivere
e di un tetto per dormire. Questo era tutto ciò che contava in quel momento.
Dell’uomo, un certo Riccardo, Dado per gli amici, Laila non si fidava affatto
ed aveva ragione. Oltre a pagarla miseramente e ad offrirle il posto letto in
una vecchia roulotte, il padrone voleva il corpo giovane di Laila e ogni notte
era una battaglia per respingerlo.

– Piuttosto  vado a dormire per la strada, ma con te mai!
– urlava Laila. – Perché mi fai questo, io non sono una puttana, voglio il
lavoro e se non vendo bene la tua frutta buttami pure fuori, ma questo corpo è
mio e lo concedo a chi voglio io. Capito?

Dado non aveva scelta, tanto
più che Giacomo, l’uomo che aveva investito Laila, gli aveva intimato:

– Se la ragazza perde il
lavoro tu farai i conti con me.

Non si capiva bene chi
fosse, ma queste erano le sue parole e Riccardo tremava ancora ripensandoci:
quante volte avrebbe voluto buttare fuori quella ne-gretta!

Giacomo si faceva vedere
ogni tanto per controllare la situazione, non rivolgeva mai la parola a Laila,
tranne una volta quando le aveva detto:

– Con me hai trovato
l’America.

“Cosa avrà voluto dire?”,
continuava a chiedersi Laila, ma nella sua testa non c’era posto per altri
pensieri: vendere frutta, soldi, casa, queste erano le parole che conosceva a
memoria. Il resto del suo italiano era un miscuglio di francese e di un
romanesco raccattato qua e là. Per il momento l’importante era farsi capire. Di
notte nella sua “stanza”, Laila leggeva molto, anche se capiva poco. Studiava i
verbi italiani regolari e irregolari sulle pagine di un manuale trovato per
caso nella pattumiera. Le capitava di passare delle notti intere senza riuscire
a dormire e così le succedeva di sognare ad occhi aperti e vedeva riflettersi
sulle pareti della roulotte il film di quella vita che aveva sperato di trovare
in Italia.

Si immaginava stilista,
pronta ad allestire il suo primo défilé. Attorno a lei tutte le modelle si
davano da fare e lei tesissima urlava ordini a tutti:

– Non questo colore su
Saîta, questo va bene per Lola…

Era un va e vieni di gente;
i fotografi, i giornalisti ed il pubblico, tutti avevano bisogno di lei. Quanto
a fantasia, cara Laila!

Il suo sogno non poteva
andare oltre e trasformarsi in realtà.

Un boato aveva interrotto i
suoi pensieri. Nel cuo-re della notte, a due passi dalla roulotte, qualcuno
aveva sparato e due uomini all’interno di una macchina erano rimasti uccisi.

Le sembrava un sogno, ma
attraverso i vetri della roulotte aveva visto una scena da incubo. Immersa nei
suoi pensieri, Laila aveva notato i tre uomini che litigavano.

“Adesso arriverà la polizia,
mi troveranno, cosa penseranno? Io sono una clandestina, devo scappare!”

Quella notte fu un vero
tormento, ma nessuno si sognò mai di chiederle qualcosa e quell’episodio rimase
per tutto il tempo impresso nella sua mente.

Dopo un periodo trascorso
tra mille difficoltà, per Laila si aprì un’altra via d’uscita: una legge voluta
dal parlamento italiano permetteva a tutti gli stranieri irregolari di
regolarizzare la loro posizione, era sufficiente un’autocertificazione e il
permesso di soggiorno diventava una realtà. Si trattava di una sanatoria, così
le aveva spiegato l’agente di polizia in questura. Anche se non ci aveva capito
molto, aveva intravisto in questo provvedimento la possibilità di cambiare
vita.

Senza perdere tempo, con la
paura che qualcuno nel frattempo ci ripensasse, riuscì ad ottenere il permesso
di soggiorno per tre anni. Ora poteva pretendere dal suo padrone di essere
messa in regola, ma le cose si facevano lunghe. Le intenzioni dell’uomo erano
fin troppo chiare: l’unica possibilità rimaneva il lavoro nero. L’importante
era non demordere! Se come venditrice di frutta le cose non erano affatto
migliorate, l’aver ottenuto il permesso di soggiorno aveva spalancato le porte
al futuro di Laila nella casa della signora Machiavelli. Un incontro casuale,
una conversazione che sembrava la solita chiacchierata con una cliente, si
trasformò ben presto in una vera manna.

– Sei sveglia e spiritosa,
proprio il tipo di ragazza che fa al caso mio – aveva sentenziato la cliente
dopo averla ben esaminata.

– Cosa intende dire, scusi?
– chiedeva garbatamente Laila.

– Se vuoi cambiare vita,
quella che ti offro può essere l’occasione giusta. Dipende da te, cara.
Comun-que ti aspetto domani sera dopo il mercato, sei ospite a casa mia…

All’inizio era un po’
scettica, non riusciva a capire bene se si trattasse di uno scherzo oppure no. Era
arrivata persino a pensare che poteva essere un incontro di sesso e, in questo
caso, era pronta a mandare la signora a quel paese! Questa espressione le
piaceva molto, anche se non capiva di quale paese si trattasse! Le piaceva il
modo in cui una battuta non certo amichevole potesse suonare così bene.

Ad ogni modo, la curiosità
ma soprattutto la possibilità di cambiare vita e di stare lontana da Dado,
l’avevano spinta a recarsi all’appuntamento. Giunta a destinazione, aveva
conosciuto la persona che le avrebbe poi permesso di cambiare davvero vita. Si
trattava di un’anziana signora che le veniva così presentata:

– Questa è mia suocera; ha
bisogno di una colf e, credimi, tu sei la persona adatta a lei. Ti ho osservata
per molti giorni e sono sicura che andrete d’accordo.

La signora parlava così in
fretta che Laila non aveva capito bene le sue parole.

“Io una macchina? Una Golf?
No, io sono una persona e non posso trasformarmi in una macchina. Ma per chi mi
ha preso?”, pensava la ragazza tra sé e sé.

Vedendo l’espressione
perplessa di Laila, la signora tentò di spiegarsi meglio, usando tuttavia la
parola Cold (collaboratrice domestica).

Gli occhi di Laila si
illuminarono, perché in realtà aveva frainteso ancora una volta il significato
delle sue parole: aveva capito “gold”, che in inglese significa oro.

Ad interrompere questo
dialogo tra sordi fu il marito della signora che spiegò con calma alla ragazza
tutte le motivazioni di quell’incontro.

“Pagarmi così tanto per
custodire una vecchietta? Incredibile l’Europa! Una cosa così da noi non
succederebbe mai. Ognuno bada ai propri vecchi e non esiste neppure la
necessità di accudire un anziano. Tutta la famiglia si prende cura di lui. Ogni
paese ha veramente le proprie regole!”, rifletteva Laila.

E così, senza pensarci due
volte, accettò il lavoro che da quel giorno cambiò anche la sua vita e le prime
difficoltà in quella casa furono ben presto superate.

Tra la vecchia signora e la
ragazza africana si era a poco a poco creata una certa complicità. Laila era
diventata una persona importante e nessuno osava metterla in discussione,
perché grazie a lei era tornata l’allegria e qualche volta Laila doveva fare da
“tata” anche ai due nipoti della vedova.

Il compito di Laila era
quello di occuparsi in tutto e per tutto della signora: dalla cura della sua
persona (lavarla, vestirla, e accompagnarla ai servizi), al farle compagnia,
cioè leggere per lei, farle ascoltare la musica e soprattutto, come in un
rituale cattolico, scorrere l’album delle fotografie.

Ancora oggi Laila vive in
quella casa dove l’Italia è ritornata ad essere quella conosciuta tramite la
televisione. Grazie a lei suo padre oggi possiede una barca e la pesca gli
rende bene; suo fratello frequenta l’università e sua madre ha aperto un
negozio.

I sogni di gloria sono
rimasti nel cassetto, ma la sua gente vive felice e lei ha pian piano imparato
a conoscere l’Italia, malgrado le difficoltà. L’esperienza in casa Machiavelli
le ha aperto gli occhi ed il suo più grande desiderio ora è quello di creare
nel suo Paese una struttura che contribuisca a dare una mano a chi è solo.

“Anche da noi”,  si ripeteva “esistono persone sole, ma
spesso non le vediamo perché le nostre famiglie sono sempre numerose e si pensa
che sia così per tutti. Grazie signora Machiavelli, nonostante i tuoi capricci,
mi hai fatto capire molte cose e questo vale più di tutti gli stipendi del
mondo!”

 

 

 

 


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