Dal silenzio all’oblioTC "Dal
silenzio all’oblio"

 

Ogni sera ascolto l’eco

dei vostri frettolosi passi

mi alzo ansioso in piedi

apro la mia unica finestra:

scorgo il viso rugoso di una vecchia

che mi chiede di spegnere la luce

di dimenticare il passato;

smettere di pensare a ciò che è inutile.

 

Ogni sera faccio della memoria

una barricata

dietro la quale nascondo le mie ferite,

con ciò che mi è rimasto del cuore.

Ma gli occhi dei bambini del quartiere

tracciano attorno a me

cerchi di sussurri e domande inaspettate.

Come un cavallo smarrito

in ogni strada vagano i miei attoniti sguardi.

 

Mia madre non osava pronunciare

un cenno d’addio o un semplice gesto.

Mi chiedeva se avessimo amici

se avessimo una luna argentea

che ci guidava verso un futuro allegro.

Come andrai via?

Dimentichi il nostro nutriente yogurt

i nostri favolosi datteri che sanno di miele divino!

In un cuore popolato di solitudine

di immagini deformate e risate fiabesche

abito solo.

Fisso, con l’avidità di un dio abbandonato,

ogni donna a portata di mano.

Seppellisco la mia gelida angoscia

sotto ciò che possiedo di libri rari

dove si concentra il profumo inconfondibile del
ricordo.

Forse offrirò in omaggio le mie poesie

al vento, all’acqua, ai gigli innamorati.

Forse seminerò la terra affollata della memoria

di palme danzanti, di stelle ubriache.

 

Fui rimproverato dall’amante:

senza addio né baci mi abbandoni,

dove andrai?

Busserai alle porte che agli stranieri

non s’aprono mai!

Chissà, forse come un disperso,

ti addormenterai su un marciapiede abusivo.

Te ne vai dopo che il nostro amore

ha carezzato l’ottavo cielo.

Ti porta via un’altra donna:

(figlia di un amore passeggero!)

forse ti inganna con la sua bionda treccia.

 

A Bàssora avevamo un appuntamento segreto

gli alberi verdi fioriti di Shatt-El Arab

emozionati, ci avevano accolti a cuore aperto

ci avevano nascosti agli sguardi maligni:

al mio Paese è vietato amare in pubblico.

 

Mi siedo, esule isolato, in un angolo di un bar

bevo il mio vino senza un compagno

il cameriere scambia con me i fili di un discorso
noioso

sui prezzi del mercato, su alcuni dei suoi illustri
clienti.

Dice, mentre bevo il mio vino liscio:

Mi hai già chiesto di una donna

che passi la notte insieme a te?

Non chiede niente tranne una bottiglia di vino

e un po’ di sigarette straniere.

E indica un angolo buio nel bar.

 

Adocchio il mio viso riflesso sul vetro

dell’ufficio della linea aerea dell’Italia:

un viso cupo, severo e inquieto

un paio di pantaloni gialli di lana

un paio malandato di scarpe arabe.

Ho superato il terzo decennio d’età.

Ho provato l’amore senza forma o sostanza.

Le mie poesie, come desideri precoci,

venivano uccise (soffocate) nel cuore

e morivano lontano dalla cerchia degli amanti.

Dovevo dunque affrontare da solo,

come una statua antica, il terrore dell’oblio.

 

Vendevo ai mercati di Firenze

pantaloni jeans, gomma americana e libri usati.

Alcuni ragazzi, con dispettosi gesti degli dèi,

mi hanno soprannominato il folle

scandalizzati dall’orizzonte sabbioso nei miei occhi.

 

Tornavo dal servizio militare con l’anima distrutta:

facevo l’amore mentalmente di nascosto

scrivevo di nascosto le mie poesie

e di nascosto disegnavo progetti per il futuro.

È proibito amare senza disturbatori o spie

È proibito parlare con te stesso

o che la tua voce sia sentita dai muri

(i muri hanno orecchie) ci hanno informato

coloro che sono più sapienti di noi.

 

Oggi partirai, disse la mia amante,

lascio la lezione di geografia. Vengo a trovarti.

Ma non venne mai!

Il mio cuore è rimasto in attesa,

come un bambino viziato

invaso da sogni più grandi di lui.

 

 


Scarica il racconto