Il ritorno di El Beato
Non sarebbe stato eccessivo definire apocalittica
la straordinaria tempesta che quella notte di luglio si abbatteva su Aguanà:
nemmeno i più anziani ricordavano di aver visto mai niente di simile.
E mentre tutto indicava che quella violenza
cosmica altro non fosse se non linizio del Giudizio Universale, dallaltra
parte di una finestra dalle civettuole tendine che a ogni lampo gettavano sui
corpi nudi i disegni floreali della leggera trama, un uomo ansante, madido di
sudore cadeva sul cuscino accanto alla donna che i fulmini rivelavano in un
floscio abbandono di bambola rotta, condensando i silenzi lasciati dai tuoni.
Quando linsolito temporale già si ritirava, lui
cominciò pian piano a scivolare nel sonno disincantato che seguiva alla sua
improbabile soddisfazione virile, senza sapere se ringraziare le furie del
cielo, oppure 1aiuto indiretto di El Beato per la tardiva consumazione del
matrimonio il resoconto del terribile caso
del santero, fatto da Moisés alla
moglie, aveva contribuito a quello scopo, riempiendo lanimo impressionabile di
Amalia di una paura atroce, paralizzandola mentre lei ora, quasi allalba,
percepiva con sollievo il lontano rimbombo dei tuoni che desolavano i dintorni
della città, insonne, oppressa da un vago miscuglio dimpotenza, di
umiliazione, di stanchezza e di intimo disastro che le inumidiva gli occhi.
Da quando linusitata tormenta aveva incominciato
a ululare con forza graduale sui tetti, poche ore prima, lei, muta di terrore,
sera bloccata a letto, inerte davanti a quella forza che piegava gli alberi e
le antenne, scompigliava le tegole, trascinava le tettoie di zinco e portava
via la biancheria dagli stenditoi, insieme agli animali domestici che
incontrava nella sua rabbiosa corsa, cani capre maiali galline, condannati
dallinarrestabile crescita della città e dalla conseguente riduzione degli
spazi urbani a una vita «aerea» sul cemento dei terrazzi.
Ma fino a quando la burrasca non sera manifestata
con la violenza che aveva fatto crollare alcuni pali dellelettricità, facendo
sprofondare lintera città nel buio più assoluto, la donna non sera decisa a
chiedere aiuto: «Potresti venire un attimo qui per favore?».
E, annientata dalla paura, immaginando il marito inverosimilmente
addormentato nella sua stanza dallaltra parte del salotto, dovette dimenticare
lorgoglio e gridare con più forza fino a quando la sua voce tremolante non
simpose sul bramito del vento e il fracasso dei tuoni: «Oddio Moisés che
paura! Che orrore! Ti prego
! Mi porteresti una
candela?». Poiché, oltre al
suo terrore irrazionale per fenomeni atmosferici anche molto meno imponenti di
quello biblico! Amalia era ancora in preda alla paura che la narrazione di
suo marito, riguardo allabominevole crimine di El Beato (al secolo Joselin
Joselo), le aveva provocato, da quando la scarcerazione e il recente ritorno
dellomicida, la scorsa mattinata, ad Aguanà avevano fatto riesumare il caso nella città, riaccendendo il
clamore generale. La sua fertile fantasia da vorace consumatrice di cronaca
nera e letteratura a buon mercato, quella notte, aveva fatto il resto: Amalia,
immaginandosi lo scarcerato vagante e solitario per le vie oscure della città,
sotto la tempesta, «vide» la sua ombra irsuta saltare il cancello là fuori e
poi, proiettata dai lampi sui vetri della sua finestra, avvicinarsi minacciosa
e si pentì della curiosità morbosa, che laveva spinta a farsi raccontare da
Moisés quellavvenimento nei minimi
particolari, forzandolo a rivisitare una vicenda che aveva terribilmente scosso
la popolazione e che lei, nuova in città, ignorava: «Mah
non so che dirti»,
rispose lui titubante quando lei lo aveva assalito col vecchio Crimen! in mano, sulla strada del suo
ufficio diviso dallabitazione da una parete in cerca della versione da
quel testimone oculare che era stato, «io non sono né tra chi lo acclama come
un eroe, ma nemmeno tra chi lo vedrebbe volentieri penzoloni da una corda
».
Moisés, attanagliato dallemicrania, era restio a lasciarsi coinvolgere in
qualcosa che, a più di tre anni dai fatti,
ancora divideva lopinione pubblica in due fazioni: quelli che quella
stessa mattina avevano persino pagato la banda di musica per ricevere lex reo
alla fermata della corriera come una star (anche se Joselo, con quel poco di
giudizio che gli era rimasto, aveva tirato dritto per la sua strada con la
scatola di cartone del suo bagaglio, lasciando il gruppetto dei suoi scandalosi
simpatizzanti con un palmo di naso), e quelli che invece lamentavano
linesistenza ufficiale della pena capitale nella Repùblica. «
E poi io
penso», continuò, massaggiandosi le tempie, «che è da umani sbagliare: chi, di
punto in bianco, non farebbe le peggiori porcate, con le motivazioni di
Joselin? Io stesso non avrei saputo cosa fare se ti vedessi in una
videocassetta
come quella, eh
Ma
sarà meglio se leggi quella rivista: è dellepoca», disse, pentito di aver
toccato un punto che di colpo aveva fatto accrescere lossessiva curiosità di
Amalia.
«Che cassetta, che cassetta?», saltò lei
incontenibile. Levocazione del terribile incidente gli aggravava le pulsazioni
alle tempie; Carrasco, pur di scappar via e rifugiarsi nel suo ufficio, si
affrettò a dire: «No, niente, non ha importanza. Lì cè scritto tutto e poi ho un mucchio di cose da
sbrigare e
». «E diverso: tu hai visto tutto! Deve essere stato orribile, no?
Che cera in quella cassetta? Mi vengono i brividi a immaginarlo! E poi, cosa
significa «ninfamonia, ax
orido
uxirudo?
Ma chi ci capisce più niente al giorno doggi, coi giornali!». «Ninfomania,
Placa; uxo: uxoricidio. Ebbene, se
io, il tuo maritino, un giorno che, Dio ce ne guardi, tu facessi la
svergognata, ti tirassi fuori le tue budelline adorate con un coltello, come
fece El Beato con Lucy, lasciandoti in un lago di sangue, quello sarebbe uxorìcidio. In quanto alla ninfomania
beh, è lunga da spiegare e
io, davvero, ho un mucchio da fare
», disse Carrasco, conscio però di una
menzogna, detta prima: dopo più di tre anni, la sua imparzialità su quei fatti era in crisi, e da qualche
tempo, nella sua cultura media, si chiedeva se quel criminologo italiano del
secolo scorso non aveva ragione quando aveva deciso che certi criminali (era
forse il caso di Joselo?) non erano un prodotto della realtà sociale ma
soltanto un fenomeno irrecuperabile di sottosviluppo umano che andava
«chirurgicamente» tolto dalla società, e, di colpo, in una progressione della
nevralgia, con ritardata indignazione, sembrò gli si sciogliesse la lingua:
«Vedi, Placa, Joselo sembrava tanto
una brava persona; da quando lho conosciuto anni fa, poco dopo la mia
decisione di stabilirmi in Aguanà, lho apprezzato per il bravuomo che era,
nonostante la sua
umiltà: lavoratore, marito onesto, bravo cittadino timorato
di Dio, servizievole, cordiale, e poi, tutta un tratto: zàc!: il peggior
assassino, e per quale motivo! Per quella donna che
beh, ormai è morta,
poveraccia, e in quale modo! La cassetta
È successo che
quella sera se
lerano trovata dimenticata in mezzo alla loro merce; loro erano una coppia
di ambulanti e vendevano articoli religiosi davanti alle chiese, nelle feste
patronali del Paese e
». «Quanti giri! E allora? Che cera in quella
cassetta?», esplose Amalia, impaziente. «Quasi niente: soltanto il movente,
piccola: prima il video aveva girato per tutta la città, tutti lavevano visto,
tranne i diretti interessati; poi,
qualcuno aveva trovato il modo di farglielo arrivare, e quella sera a Pariaràn
ma, conosci Pariaràn? Non è molto lontano, è un villaggio di indios e cè una
chiesetta barocca che
se vuoi, un giorno
». «Il tema! E poi?». «Beh
Dicono che fu lei a trovarla, smarrita da qualcuno
sulla loro bancarella. Era quasi notte e la coppia cominciava a mettere via
la merce, preparandosi al ritorno ad Aguanà, felici e contenti delle belle
vendite, perché gli indios, sai, sono dei grandi consumatori di roba religiosa:
coroncine, scapolari, medagliette, statuette e riproduzioni di tutti i Tatak Nak-ariski-ti, i Padrecitos bianchi, come chiamano nella
loro lingua la «burocrazia del Paradiso», he, he. E non solo di quello: una
volta qualcuno propose al santero un
certo affare: contrabbandare alcolici nella Sierra degli indios Kuray: un traffico molto redditizio, ma
lui, rifiutandosi disse che, invece di quello sporco mercato con cui pian piano
bianchi e meticci stiamo riuscendo a corromperli, lui ci saliva in quelle zone
a contribuire così diceva con quel granello di sabbia che era il suo onesto
commercio, alleterna salvezza degli aborigeni, perché, oltre al suo commercio,
El Beato insegnava loro litanie di ogni genere, preghiere adatte ad ogni
evenienza: la benedizione del neonato, la semina e la raccolta, la richiesta di
piogge; orazioni funebri, giaculatorie e via dicendo: mica per niente la gente
lo ha chiamato «El Beato»: il suo zelo da «missionario» laico superava quello
dei veri missionari, he. E lui veniva ricambiato, dagli indios imparava dieci
maniere diverse per salutare il sole, a rendersi amici gli uccellacci della
notte, a riconoscere i venti che sincontrano sui sentieri: i buoni dai
cattivi
». «Ma, e dopo?». «Aveva unetichetta falsa, si vede che la mano
misteriosa e perversa conosceva i gusti candidi di Joselin: Biancaneve, e lui
stette quasi per camuffarla subito tra la merce, per portarsela poi via ma,
onesto comera, preferì cercare il proprietario della videocassetta gridando in
mezzo alla baraonda, pur trattandosi di un prodotto di quello che lui
considerava la concorrenza nel mercato indios della fede: il dio gringo, papà di Topolino. Questa sera
avremo cinema gratis, si dissero stanchi di cercare, quando dalla folla,
sempre più persa nei fumi delle libagioni collettive, non venne fuori nessuno a
cercarla. Biancaneve, he, he, col cavolo!: quella sera, quando tornarono a
casa, dopo cena si misero davanti al televisore e
». «Perché ti fermi? Fammi
indovinare: era forse invece una di quelle porcherie pornografiche che ci
mandano i gringos?». «Peggio, Placa
È per quello che io credo che quel Lombroso lì
Insomma, i primi
ad accorrere alle ultime urla di quella disgraziata descrivono una scena da
Macello Municipale: nella catapecchia con il tetto di asbesto, dalle pareti
ingombre di riproduzioni di santi, santissime e madonne varie, offuscata dal
fumo dei ceri votivi, quelluomo era una furia disumana, accanendosi
gratuitamente sul cadavere caldo. Io, attirato dallallarmato vocio sulla
strada, arrivai poco dopo; mi ricordo la sua folle indifferenza non solo per la
folla che arrivava senza sosta ma anche per quelle scene pur così
descrittive per dirlo in qualche modo che continuavano a scorrere sullo
schermo, gettando la luce cangiante dei coiti sfrenati sul volto bestiale del
nuovo assassino, che non la smetteva più di ridurre quel povero corpo in
poltiglia con la valanga di coltellate che gli stava facendo piovere addosso.
Tutti rivedemmo quelle già notissime scene della inconsapevole pornostar in
mezzo ai due o tre corpi maschili tutti nudi, la cui identità si è avuto ben
cura di mantenere incognita lasciando i volti fuori campo: ci si vergogna solo
a raccontarlo
Le posizioni più oscene e ricercate; tutte le depravazioni; ogni
pratica sessuale condannata da una morale
sana; con quella videocamera,
senzaltro nascosta negli armadi o dietro una parete della camera di qualche
albergo di infima categoria, allinsaputa solo di Lucy, godendo con le prese e
i dose up più immorali di corpi e
organi in avvicinamenti delle parti di una spudoratezza inaudita, mostrando
ladultera come neppure suo marito la conosceva si potrebbe giurare! Ma
nessuno è intervenuto, era come se tutti prima o poi si aspettassero quella
tragedia in certo qual modo attizzata da quegli stessi spettatori passivi,
molti dei quali, ritenendosi suoi amici, da tempo avevano tentato di avvertire
il santero circa il «vizietto» della
moglie, che, secondo loro, narcotizzava il marito prima di uscire a notte fonda
a soddisfare quel
«prurito» immondo senza che Joselo avesse mai dato loro
ascolto: adesso, mentre la sfrenata ascesa dei gemiti che riempivano la
casupola raggiungeva un orgasmo a dir poco scandaloso, che scuoteva linfedele
in un sordido letto sconosciuto in mezzo ai suoi ignoti amanti, veniva voglia
di gridargli in faccia al vecchio cornuto e nuovo assassino: «Guarda, guarda la
data e lora registrate dalla Sony, babbeo! 6 aprile 1995 alle tre di notte: e
tu doveri? Che dici adesso?». Ma non facemmo altro che farci da parte per
lasciarlo passare, tutto tremolante e insanguinato comera, verso luscita, nel
terrore di essere raggiunti da «Pandito», il famigerato coltellaccio della sua
precedente attività di macellaio al Macello Municipale, nella quale fu nota
quella sua pietosa abilità che, con dei colpi maestri al cuore, risparmiava ai
maiali agonie troppo lunghe: gli era rimasta labitudine del vecchio mestiere
di portarlo alla cintura, avvolto in una guaina di carta da giornale rinforzata
con del nastro nero isolante, sotto la camicia, e i curiosi ora si dicevano che
con Lucero non aveva avuto quella stessa pietà, quel riguardo che aveva manifestato
prima con le bestie al Mattatoio, sentimenti che alla fine lo avevano convinto
a scegliersi un altro mestiere più in armonia con il suo carattere mite e
bonario». Ma Amalia non era soddisfatta, voleva sapere tutto, ogni particolare:
«E gli amanti? Si è mai saputo qualcosa? Chi girò il video? Come mai hanno
fatto una cosa simile?». «Perfidie popolari immagino, Placa; forse certa gente, offesa dallimmoralità di quella donna,
sera stancata di fargli delle insinuazioni sul «difettino» di Lucy, e optò per
quella soluzione. Di tutto il resto non si è mai saputo niente. Joselo prese a
girovagare per giorni nelle montagne dei dintorni; giorni senza mai bere né
mangiare nulla, come un dannato fu avvistato in mezzo alla vegetazione da
certi braccianti che poi lo descrissero come un orribile fantasma nero di
sangue ormai coagulato finché una volta rientrato in senno non scese da solo
in città e andò a costituirsi: «Come se non avessimo potuto prenderti quella
stessa maledetta notte, Beato, se soltanto ce lo fossimo proposto» dicono gli
abbia detto Sànchez, il commissario, sulla soglia del Carcere Municipale. «Ma
come?: è lunica cosa giusta che hai fatto in questa vita troia e tu te ne vuoi
andare a marcire in galera? Sai cosa sono trentanni di galera giù alla
Capital? Se fossi in te, caro Beato, altro che in gattabuia, a questora sai
dovero?: su, nel Norte, a godermela, che cazzo!».
Cosi, anche per il più scalcagnato degli avvocati
qual era Ramòn Chazarra, lavvocato di Joselo, quel processo fu una vera passeggiata
poiché, con dei giudici così benevoli davanti ai quali si era trovato il
criminale, riuscì a salvarlo dallergastolo che forse meritava, con una pena
«simbolica» di soli tre anni, considerando i danni allonore, alla dignità,
alla morale arrecatigli, così disse Chazarra, dalladultera.
Non
importa se non sei bellissima
La spaventosa tempesta e la paura di Amalia per i
tuoni, il buio completo ma, soprattutto, quel terrore ossessivo che la prese
alla gola per El Beato: ecco le circostanze coincidenti che finalmente resero
possibile un incontro coniugale troppo a lungo posticipato dalla donna per i
motivi più svariati. Carrasco però doveva ringraziare anche le allucinazioni
della sua novella e atterrita sposa, alla quale a niente era valso sapere che
Bebito, il feroce dobermann, avrebbe fatto a pezzi chiunque si fosse azzardato
a saltare il cancello ancor prima di toccare il cortile davanti alla finestra:
non era stata forse così certa di aver «visto» la silhouette di Joselo riflessa
dalla luce fulminea dei lampi sui vetri della sua finestra, colpiti dalle
violente raffiche di pioggia? E lui laveva sentita dalla sua stanza sin dalle
prime urla ma, conscio delle paure sproporzionate di Amalia per i tuoni, e del
terrore puerile suscitatole dal racconto, lasciò maturare per benino la
disperazione della donna, prima di traversare nudo il salotto tra le due
stanze, avvicinandosi al letto dei suoi desideri con la frase confortante, le
dolci carezze tranquillizzanti che subito divennero palpeggiamento ansioso,
umido bacio, abbraccio, opportunistica stretta: «dopo tutto è mia moglie, che
diamine, e ora mica mi scappa!», sera detto con soddisfazione, considerando i
quasi due mesi ormai del loro matrimonio, trascorsi in impaziente attesa di
unoccasione propizia, poiché la donna, peggio di unanguilla se soltanto si
parlava del tema, trovava sempre una
scusa per rinviare quella «consacrazione» carnale da lui tanto auspicata quanto
più cominciava a sembrargli impossibile.
Si erano conosciuti tramite gli annunci sentimentali
nelle pagine specializzate di due o tre giornali:
«Attraente, 32, appassionata di famiglia e
tradizioni, corrisponderebbe con uomo serio, discreto, morale irriprovevole,
non più di 45, a scopo matrimonio
»,
eccetera; e lui: «Dove sei metà mia? Non mimporta se non sei bellissima: sei
seria? Ami la famiglia, la tradizione? Non hai più di 40? Mi basti! 43, serio,
decente, lavoratore, offro moralità, rispetto, tranquillità economica
», e dopo
un breve rapporto epistolare con lo scambio delle foto dobbligo, i dati
personali e tutti i convenevoli del caso comunque non sempre chiarificatori
dellanima vera degli interessati concordarono lunione nellunico
faccia-a-faccia che ebbero prima del matrimonio, nella Capital, dovuto al fatto
che Amalia, con sorpresa e perplessità di Carrasco peraltro positivamente
colpito dallavvenenza fisica della donna, superiore alle sue aspettative nate
dalle foto aveva condizionato il suo consenso allimmediata celebrazione del
matrimonio, «rigorosamente cattolico e civile».
Purtroppo però, la luna di miele a Playa
Malaquitas, località balneare di moda a sudest del Paese, fu un tantino
sfortunata.
E le tensioni reciproche, limbarazzo, le normali
timidezze e i disaccordi di un matrimonio «a prova di cronometro» comera stato
il loro, senza il necessario affiatamento né la confidenzialità dei lunghi
rapporti, forse non sarebbero stati un ostacolo al primo approccio fisico così
insidioso come lo fu invece quellinfezione intestinale che, entrambi grandi
adoratori delle specialità gastronomiche regionali, avevano contratto
dallinizio, consumandole per strada o nei carretti ambulanti che gliele
offrivano, sdraiati pigramente sulla sabbia, col mare come sfondo: i quattro,
cinque giorni nei letti dellalbergo tra febbri alte, vomito, nausea e la
diarrea della dissenteria combattuta con dosi equine di integratori salini e
antibiotici avevano lasciato i novelli sposini molto spossati e avviliti,
meno ansiosi comunque di quel frustrato contatto che non di un pronto recupero
nelle comodità, tra le mura domestiche, e «senza pena né gloria» tornarono a
casa, dove Amalia, dalla prima notte con stupore di Moisès! impose quella
strana convivenza in stanze separate: «Mi lasci il tempo di abituarmi, signor
Carrasco, pardon: Moisès, Momo ti piace? Momo, che buffo! Adoro la privacy, e poi, e poi
ognuno ha le
proprie abitudini, i propri ritmi, i propri umori, nest ce pas? Ho letto anche che è antigienico dormire in due nello
stesso letto».
Da allora, a Moisès era sembrato che alla donna
non fossero mancate le scuse per concretizzare:
i suoi disturbi femminili, la nostalgia per la sua terra lontana, labulia,
la noia di vivere «in una città così brutta», per non parlare poi delle
conseguenze dellinfezione, in lei particolarmente lunghe. E davanti a tutte
quelle difficoltà in così poco tempo, il ragioniere aveva persino temuto di
essersi imbattuto in uno dei tanti casi di incompatibilità fisica e
caratteriale che distrugge tanti matrimoni nel mondo intero.
Rognoni
al marsala
Ma, chi era Moisés
Carrasco? Nessuno poteva dirlo con certezza. Era arrivato ad Aguanà da un
imprecisato Nord e, da quando le emicranie e una certa incipiente lacunosità
mentale tornarono di nuovo a rabbuiare la sua vita poco dopo le nozze , nei
suoi improvvisi vuoti di memoria nemmeno lui sarebbe stato in grado di
affermare con sicurezza che quel nome gli appartenesse davvero, se il suo
diploma non fosse stato lì, attaccato sopra la sua scrivania, a garantire della
sua identità (certo, come stanno oggi le cose nel Paese e non solo
nellambito universitario chiunque può comprarsi un titolo di ogni genere,
con Napoleone Bonaparte, se si vuole, persino come beneficiario, ma vogliamo
credere che quello del Contador Privado Moisés Carrasco Bueno, classe 1955,
data la discreta rinomanza locale del ragioniere, fosse un diploma autentico).
Ma tornando alle grane mentali del nostro: ciò nonostante, un certo
provvidenziale sesto senso, listinto, certa innata diffidenza del suo
carattere lo aiutavano comunque a orientarsi superbamente nelle sue crisi
momentanee, con quellapparenza scaltra e guardinga che alla gente faceva
pensare non ai suoi disturbi di memoria, ma alla tipica e necessaria
riservatezza del mestiere, permettendogli di mantenere la segretezza del suo
dramma più intimo (anche con sua moglie, ora), da quando sera stabilito in
città.
Fu proprio grazie a questo particolare che quella
mattina di agosto di 1998, al rientro da uno dei suoi frequenti viaggi
daffari, Carrasco agì in quel modo quando, aprendo la porta, si vide davanti
quellindividuo che era uscito dalla stanza di Amalia con quellarnese in mano
(unarma?).
«Chi è lei, cosa fa qui!», gridò inorridito,
immaginandosi il peggio e portandosi una mano verso il rigonfiamento alla
cintura sotto la giacca.
«Buon giorno, signor Carrasco, ben arrivato, è
andata bene alla Capital? Lodato sia Nostro Signore
».
Tuttavia, prima di estrarre la Smith & Wesson,
il ragioniere diede tempo allombra di muoversi verso la luce, e quando scopri
El Beato, con quell«arma pericolosa» per il manico uno sturalatrine! sulla
soglia della camera, non seppe cosa fare.
«Dovè
Amalia? Che faceva in camera di Amalia,
Ioselo?».
«La signora è andata a far spesa, e io ho già
fatto quel che lei mi ha ordinato, si ricorda?».
Macché, Carrasco non ricordava nulla, quando mai
aveva chiesto niente a quel
delinquente? Glielo aveva detto lui di venire a
casa sua? A far cosa?
«Davanti alla chiesa, don Moisés mi parlò di
problemi in uno dei bagni ed ecco: tutto è a posto. Anche la signora mi ha
lasciato detto di guardarle il suo, che sgocciolava, la doccia
».
Eppure era vero, quel sabato sera, pochi giorni
prima, Moisès aveva visto El Beato alluscita dalla messa, seduto con composta
umiltà su una delle panche del Giardino Municipale, di fronte alla chiesa, e un
sentimento ambiguo di esecrazione-compassione misto a timore lo aveva fatto
reagire; così, facendosi forza, era andato a salutare il controverso ex
galeotto, ma quando Carrasco aveva invitato Joselo a bere una birra a La Mejor,
«come ai vecchi tempi», laltro, quasi offeso, rifiutò argomentando il suo
definitivo allontanamento da ogni vizio ed esortando Carrasco a fare
altrettanto, data la vicinanza del Giudizio Universale. Adesso, di fronte
allaltro nello spazioso salotto di casa, non ricordava più quellepisodio, ma
a Carrasco, nonostante la sua religiosità «senza esagerazioni», a momenti venne
da ridere in mezzo alla gente che li guardava con insistente indiscrezione:
aveva trovato lex santero un po
cambiato, ancora più fanatico di prima, con quello sguardo così
strano,
febbrile e luccicante, penetrando irrequieto la folla che continuava a uscire
dalla chiesa con qualcosa che a Carrasco era parsa mistica invidia. Era la
prima volta che lo vedeva da quando era andato in carcere, e in quelle
settimane dopo la sua liberazione il 18 luglio, giorno della immane e
indimenticabile tempesta che tanta morte e disastro si era lasciata dietro, non
si erano mai nemmeno incrociati. Si diceva che vivesse tappato in casa; che El
Beato si fosse imposto una seconda, volontaria reclusione, interrotta solo
dalle uscite in cerca di lavoro o in piazza, dove, come autoespiazione,
ascoltava messa fiori dalla chiesa, fintantoché non sentiva in fondo allanima
la Voce, che lo perdonava, accogliendolo di nuovo nel suo gregge. Così, visto
che lautocastigo gli vietava anche il suo antico, pio commercio, Joselo si
guadagnava da vivere con dei lavoretti idraulici e qualche riparazione di
elettrodomestici, cose più o meno imparate in prigione; e il ragioniere, più
che altro per sentirsi in sintonia con i suoi principi cristiani di fare la
carità senza guardar la persona («dopotutto, per quello che aveva fatto, solo
Dio poteva giudicarlo!») che per vero bisogno di un idraulico, prima di
avviarsi verso la bettola sotto lo sguardo pieno di biasimo di Joselo, lo aveva
salutato con un vago accenno a certi problemi nei bagni di casa sua, dimentico
però di un «piccolo» problema: con il terrore che sua moglie aveva manifestato
per El Beato quella notte come avrebbe
reagito se un giorno se lo fosse davvero trovato in casa? Forse quel giorno
sera lasciato un po troppo sopraffare dalla misericordia, preoccupato comera
che lex santero, visto il suo strano
ed eccessivo scrupolo religioso, trovasse comunque un modo onesto di guadagnasi
da vivere, di reintegrarsi nella società e ora, stanco della nottata in
viaggio, riavendosi dalla sorpresa mentre assumeva quella parvenza distaccata e
reticente che, sempre con maggior fatica, copriva la sua patologia, notava ciò nonostante
su Joselo gli effetti di quella vita insensata di mortificazioni fisiche e
lunghi digiuni da cataro, che aveva finito per dargli quellaria un tantino
ebete, smarrita, immaginandosi nel contempo la reazione di Amalia, quella
mattina nellaprirgli la porta, trovandosi davanti quellavanzo di galera, la
cui sola menzione tanto laveva spaventata soltanto (neanche) un mese prima:
svenimenti? Grida di terrore e richieste di aiuto? Indignazione, telefonate
alla Polizia? Niente di tutto ciò, anzi, stando al comportamento di Amalia, al
suo rientro con la borsa della spesa, tutta allegra e canticchiante, sembrava
quasi come se invece di quel Barbablù nostrano avesse in casa niente meno che
Valente Ara, il bello di Màtame de amor,
la telenovela del momento, un successone in tutta la Repùblica. Forse era
diventata amnesica anche lei? Valle un po a capire, le donne!
«Già a casa!», disse, appoggiando le chiavi sul
tavolino di vetro nel centro del salotto e la borsa della spesa sulla sottile
moquette sintetica rosso-vino. Da quello che avevo capito ieri quando hai
chiamato, saresti tornato domani o dopodomani, mi pare. Come mai non mi hai
avvertita che avevi preso un idraulico? Ha finito in bagno, signor
Beato?
«Ringraziando Iddio, signora Carrasco», rispose Joselo.
«E anche se tardi, mi permetto di fare i complimenti allo sposo: da quanti anni
cercava in quei giornali una compagna meritevole del suo valore e della sua
serietà! Io glielo dicevo sempre: Non disperi, dottore, continui a scrivere,
Dio è grande, vedrà, un giorno la aiuterà a trovare quel che si merita, le
donne di questa città non sanno cosa si perdono, come se contasse solo
laspetto. E così è stato, ringraziando la Divina Providenza
».
«Era tanto che ti dicevo di quella perdita in
bagno, non mi lasciava dormire», fece Amalia, rifuggendo quellinsopportabile
martellare religioso di Joselin, «ma a volte mi sembra che tu proprio non mi
ascolti, preso come sei solo dalle tue cose». E offrendo la guancia al marito
per il bacio del ritorno scivolò in cucina, dove, con il meravigliato piacere
di Carrasco, quel giorno a pranzo si rivelò una provetta e insospettata cuoca
che con quegli stupendi rognoni al marsala gli fece subito dimenticare i quasi
due lunghi mesi ormai di pietose bugie e falsi piaceri, in cui si era
rassegnato a quel concetto fasullo di cucina «moderna», tutta a base di
scatolame, roba surgelata e cibi precotti, che sua moglie assorbiva dalle
ricette trovate nelle sue riviste per-la-casalinga-di-oggi. Peccato per quella
gassosa di cola come accompagnamento! Ma Joselo, ospite a pranzo per volere di
Moisés, era contrario al consumo di alcool, e Amalia, che non voleva passare
per una irrispettosa, non apri quel formidabile Val de Pefias importato che
aveva preso al Mercato, costato un occhio della testa. «Proprio la morte di
quei rognoni!», pensò il ragioniere mettendosi a tavola, dove la coppia, per
cominciare, dovette aspettare che El Beato, rivolto verso quei muri che con
segreto biasimo aveva trovato vuoti di ogni santo o immagine sacra a cui
rivolgersi, finisse le preghiere che davanti a quel ben di Dio! lo
esonerassero momentaneamente dai suoi digiuni.
Solo
per i tuoi occhi
«San Pancrazio Mendicante, aiutami in questo
difficile frangente! Ahi, san Tiburzio Martire, ascolta questo tuo misero servo
nella sua ora decisiva! San Lorenzo Pastore, consiglia questo essere indegno,
ti prego! San Rocco di Calabria, guarisci le piaghe della mia povera anima
corrotta e guidami con la tua mano giusta nelle tenebre di questo mondo
peccatore!». Lombra saltò il cancello e si accostò silenziosa alla parete,
stagliandosi nitidamente nel rettangolo luminoso della finestra. Lei, sdraiata
sul letto dallaltra parte delle tendine, le sembrò una di quelle odalische
pagane che aveva visto una volta in qualche libro darte depravata: fumava,
leggeva quelle riviste, beveva da una coppa come una di quelle meretrici che,
nelle riproduzioni esemplari che vendeva una volta, venivano rappresentate il
più in basso possibile, alle soglie dellinferno, insieme agli atei, bari,
ruffiani, usurai carichi di ori sanguinosi, fornicatori incalliti, musicisti,
apostati e malfattori di ogni risma nellinesorabile processione in discesa
verso le fiamme eterne, sotto le anime speranzose del Purgatorio e ancora più
lontani dalle nubi luminose che avvolgevano lempireo, popolato dalle anime
immacolate, angeli, arcangeli e serafini che circondavano la Santissima
Trinità. La pigra noncuranza di quella donna tuttavia le sembrava falsa e i
suoi occhi percorsero le forme peccaminose, velate, arabescate dalle sottili
tendine ed ebbe un sussulto: lei lo stava
aspettando, ne era certo, come al solito, altrimenti: dovera Bebito a
sorvegliare la casa? Chiuso in cuccia in fondo al cortile, si capisce, come le altre volte. Si sentì spregevole,
immondo, irrimediabilmente condannato, turbato davanti a quella passiva attesa,
come ogni volta che si affacciava a quella finestra dellinferno. E di sicuro
lei lo stava spiando, sentendolo desiderarla sempre con più forza; e dalla sua
postura indecente nel letto matrimoniale senzaltro lo sbirciava con finta
concentrazione al di sopra delle pagine della sua stupida rivista di mode,
avvolta in quei profumi di femmina mondana che, in quei momenti, gli facevano perdere ogni ritegno. «San Simeone lo
Stilita, perché non mi desti la tua divina tempra quella notte! SantAntonio da
Padova, dovera la tua voce sublime quando caddi nelle fauci della tentazione?
Mai più vedrò la luce, ahimè!». Sentì lo squillo del telefono dallaltra parte
del vetro e vide i leziosi movimenti della donna sul materasso verso il
tavolino, vide la sua schiena cremosa, vellutata dalla luce soffusa del
paralume, sotto leffervescenza arancione della camicetta di nylon, in discesa
verso le sinuose rotondità, per metà infossate nella superficie troppo molle,
scossa dalle minime incerte risposte, dallassenso dubbioso, dalla proiezione
del caldo respiro nellauricolare: fruttale, misera carne di peccato e
perversione che ormai lo aveva contaminato!
Ella si alzò dal letto e con smancerosa civetteria
che sembrava ignorarlo si ravviò la
morbida, nera capigliatura specchiandosi sui vetri della finestra con quel
sorriso perfido e ambiguo che lombra in agguato, vibrando in un brivido
mortale, giurò rivolto a lei, come una burla della svergognata.
Irrequieta, in preda a uneccitazione felina, si
inumidì le labbra con la lingua appuntita e, prima di accendersi unaltra
sigaretta con il mozzicone della precedente, guardò di sbieco lorologio a muro
muovendo nel contempo il cucchiaio nella pentola. Una lunga, ansiosa tirata la
riempì di un ruvido piacere che per un attimo, immersa nel gioco delle volute,
le fece dimenticare tutto; poi,
spense il fornello convinta dellaspetto irresistibile del preparato e, seduta
al tavolo, diede corsa libera a quel drappello di pensieri bislacchi che la
prendevano ogni volta che pensava a lui e,
soprattutto, ai suoi occhi: «Uno
sguardo di ghiaccio ti gela; ti ferisce se è cattivo; il luccichio
dellangoscia in uno sguardo fa soffrire, e quando gli altri ti guardano, a volte
ci si sente delle bestie, un coniglio, una cagna, una
bistecca con le patate?
Ma guarda te, se proprio ora mi dovevano passare per la testa queste idee
strampalate! Come se non avessi altro a cui pensare (che farò questa volta?
Dio, aiutami!). Eppure, lo sguardo è luomo stesso: fammi vedere che sguardo
hai e ti dirò che straccio danima ti trascini dietro. Certa gente ti
annichilisce davvero solo a guardarti, ti sporca, ti profana, ti riempie della
luce o della falsità del suo sguardo, non cè dubbio: tinventa. Moisés, ad
esempio, quando mi guarda mi fa sentire una cavalla scema, da montare subito,
manca solo che mi metta a quattro zampe a brucare lerba del giardino! (Ma, non
dovrebbe essere già qui? Da Guinares a Aguanà cè meno di mezzora). Invece
quando lui mi guarda
Laltra notte
quando
Se mi bruciano i suoi occhi! E la cosa più buffa è che, con quel
testone coperto di peli impettinabili, quel prognatismo e quella pancia che
nemmeno i digiuni più massacranti diminuiranno mai, è persino più bruttino di
Moisés, poverino, hi, hi, per non parlare poi di quelle braccine corte, di
quelle gambettine corte, scarne e arcuate come se fosse appena disceso dal
cavallo dopo una lunga cavalcata! Eppure, quando mi guarda
Quanto mi fa
sentire donna! La sua donna, femmina
ogni cellula di me! Con quegli occhi che annullano il mondo nella sua crudele
innocenza infantile facendolo sembrare così superfluo, così banale, mi copre di
una grazia ineffabile che mi fa sentire unica, immortale? Così desiderata che
che vergogna, Dio, sono già tutta bagnata solo a pensarci!
» Ma quel turbinio
didee fu interrotto di colpo dalla chiave,
i tre colpi continui e quello distanziato chiamarono alla porta con
discrezione e lei ebbe un sussulto di angosciata, palpitante delizia, ma non
corse ad aprire subito, moriva dallemozione, una paura gelida le colava giù
per la schiena bloccandola a terra e gettando ripetute occhiate allorologio,
senza più forza per sopportare, andò ad aprire temendo-desiderando il suo allontanamento: «Tu!», disse
allaprire. «Ma quello sta per
arrivare, vattene! Mi comprometti!». E con sorpresa e disappunto non molto
convincenti, bloccava lingresso con la sua figura immersa nellombra
delluscio mentre il suo sguardo indagava con esagerata apprensione la strada
buia e deserta dietro le sue spalle.
Ma non disse altro, lo fece entrare e con rassegnato e sommesso fatalismo lo
precedette verso la cucina attraverso langusto sentiero di ghiaia che divideva
il giardino, bagnato di rugiada, i cui profumi notturni addolcivano il
plenilunio. «Eppure lultima volta», disse Amalia, «sono stato chiara: è
finita: quello è stato un errore, mi
stai compromettendo, lo sai? Io
». E senza finire la sua obiezione, entrarono
nel recinto, immerso negli aromi sprigionati dalla pentola sulla stufa.
«Signora, io
». Il groviglio insopportabile di
odio, disprezzo, angoscia, desiderio e il più nero pentimento nel petto
delluomo gli bloccavano le parole.
«Signora? Ma non eri tu che le altre volte mi
chiamavi anima mia, la mia Dea, Regina della mia vita? Ed eri disposto a
tutto, persino a
quel poveruomo! Ma, chi sono io, cosa rappresento io per te
veramente, secondo la tua morale?»,
chiese lei con sfacciata ironia, spiando la reazione dellaltro, aspettando le
sue suppliche, una resa assoluta magari consacrata dalla parola «amore», a
rendere più degna quella loro sfrenata, bestiale carnalità. Lorologio segnava
le due e mezza e lei sentì un nuovo tormento, il timore dellennesima
catastrofe. Disponeva piatto e coperti della tarda cena sul ripiano, dolendosi
di quella silenziosa avarizia sentimentale, totale, stolta e insistette: «Una
donnaccia indegna di rispetto, forse? Una depravata che
? No! Che fai?»,
gridò, nellalzare lo sguardo dal tavolo e sorprendere lui, più interessato allinutile
tentativo di degustazione del cibo ancora fumante che alle solite prediche
della donna. «Così ingordo sei diventato pure? E i tuoi digiuni? Ti sei
guardato quella pancia allo specchio? Ti ho invitato forse a cena? È meglio se
te ne vai una volta per sempre, va. E lascia in pace questa famiglia per
bene!».
Anche i
cattivi amano
Eppure il barbiere glielo aveva detto, forse non
ci sarebbe stato tempo per servirlo, era tardi. «Chissà perché tutti aspettano
a vedersi tutti quei peli venirgli fuori dappertutto per venir da me», disse
bofonchiando. Cerano altri due prima di lui e, porca miseria, lui non aveva
otto mani! A quel tipo, piuttosto basso, trasandato e davvero bisognoso di un
taglio di capelli e di una bella sbarbata come Dio comanda ma anche una
doccia gli avrebbe fatto molto comodo non passò inosservata la stessa
ostilità degli altri nellatteggiamento del vecchio nei suoi confronti;
nonostante fosse arrivato a Tetel da uno, due mesi; tre, ventanni?, lui non
riusciva ancora ad abituarcisi, ma, conscio del suo urgente bisogno, decise di
aspettare lo stesso, e occupando la sedia allangolo nello stretto e basso
locale odoroso di piscio di gatto, polvere vecchia, untume, umidità, prese una
rivista qualunque dal mucchio sul tavolino accanto, calcolando gli anni che ci
avrebbe messo anche il più bravo dei barbieri per sistemare quella testa
coperta di folti capelli corvini intorno a cui, in quel suo silenzio
immusonito, sforbiciava il vecchio sotto la pallida luce della lampadina,
annerita di cacche di mosca: quellantitesi del barbiere che il luogo comune
vorrebbe cortese, logorroico, straripante di parole con cui gentilmente
seppellisce il cliente di turno, compensava la sua senile scontrosità facendo
onore alla sua rinomata efficienza con lo scatenamento di quel vero diluvio di
capelli che era un piacere a vedersi per chiunque, tranne che per quel
forestiero, più occupato ad allontanare da sé la malinconica, vecchia
stanchezza a forza di sbadigli che, nonostante il suo discreto contegno, non
riusciva a moderare più di tanto, non riuscendo nemmeno a concentrarsi sulla
rivista che aveva tra le mani, vecchia come il proprietario. Perché, chissà
perché, si chiedeva, i barbieri tardano così tanto a rinnovare il materiale
«letterario» con cui rendere meno noiosa lattesa della loro affezionata
clientela. E, con una smorfia di sofferenza impersonale che ebbe ancora la
forza di esasperare incrociando le gambe, a evidenziare una disperazione a cui
faceva eco il disperato stato delle scarpe, sporche, rotte sulle punte,
sprovviste di lacci, che mostravano quelle luride caviglie senzombra di calze,
fece scorrere gli occhi cerchiati dalle occhiaie su quelle pagine, piene di
quella «informazione» scandalistica per cui la gente va matta, sulle nefandezze
umane più inconfessabili in «elettrizzanti» caratteri cubitali: «Castrato e linciato dalla folla vecchiaccio
pedofilo!!!», oppure: «Intera
famiglia fatta a pezzi, impacchettata e spedita ai parenti: macabro regalo
natalizio! Vendetta dei narcos!!!» Urca! Ci voleva poi il pelo sullo
stomaco per guardare le foto illustrative; lui veramente si era sempre
rifiutato di leggere quella roba di Crimen!,
tutta quella volgarità gratuita lo metteva a disagio: «Pericolosi criminali si uccidono a vicenda: lei avvelena 1amante; lui
con quarantotto pugnalate ammazza La Vedova Nera, fine di un incubo pubblico!!!». Prese la sigaretta con le labbra
direttamente dal pacchetto, cazzo, non poteva evitarlo, tutte quelle foto lì,
grondanti sangue, trasmettono sempre una tale ansia pazzesca; ma, sul punto di
accendere, i colpetti delle forbici sullo specchio, con cui il vecchio arcigno
gli indicava il divieto di fumo ivi incollato, lo fecero desistere non senza
dispiacere, perché: a chi non viene voglia di fumare con atrocità del genere! E
senza sapere né come né quando, si trovò incollato ai sottotitoli: «Accertato: La Vedova Nera e Lo Sterminatore dei brutti sono lo stesso individuo! Trovato il suo
cadavere in avanzato stato di decomposizione!, quindi, massaggiandosi,
macinando il dolore alle tempie con le dita di una mano, passò allarticolo,
che aveva tutte le premesse di essere il più scabroso e nauseante possibile:
proprio quello che gli voleva!, lui, già di suo pieno di una nausea non
soltanto esistenziale che gli fissava quella smorfia perenne sulla faccia: «Aguanà, 23 settembre. Fine di un incubo
pubblico, anzi, di due. la spietata e famigerata criminale Rogelia Guzmàn
Ferrer, latitante da anni e colpevole della morte per avvelenamento dei suoi
innumerevoli coniugi, conosciuta come La Vedova Nera, e il misterioso e spietato Sterminatore dei brutti, responsabile delle ripetute stragi seriali
dove, negli ultimi anni, aveva perso la vita un numero imprecisato di innocenti
in diverse zone della Repùblica, sono la stessa identica persona. Il rapporto
degli investigatori della Judicial non lascia alcun dubbio. Lidentità del
cadavere trovato in avanzato stato di decomposizione presso 1indirizzo della
famiglia Carrasco, corrisponderebbe, secondo i raffronti, a quello di Amalia
Montemaria in Carrasco, ennesimo pseudonimo usato dalla Guzmàn, vittima a sua
volta dellefferata violenza del suo amante, Joselin Joselo Camargo (già noto
ospite di queste colonne in seguito al clamoroso assassinio, tre anni prima,
delladultera coniuge Lucero Mora Montero). A conferma del nesso tra i due casi
che per lunghi anni hanno sconvolto Iopinione pubblica e la tranquillità
nazionale, il barattolo di topicida (Ratquick: prodotto a cui tanto il
misterioso psicopata antisociale
quanto la nota pluriomicida, vedova seriale ricorrevano con tanta
disinvoltura), trovato nel ridotto bagaglio della Guzmàn-Montemaria, già pronto
per la fuga verso nuove scelleratezze; nonché la sua copiosa corrispondenza con
numerosi altri candidati mariti-martiri (foto e indirizzi compresi), e il resto
dellabituale strumentario dello Sterminatore: una piantina di Bocas, città
delle vicinanze, con ombreggiata in rosso 1ubicazione delle diverse attività
commerciali più ambite dalla follia assassina di questo vero genio del male
come teatro delle sue atrocità: modeste trattoriole, povere bancarelle di cibi
allaperto e mercati municipali, luoghi comunque frequentati da persone di
modeste condizioni economiche dove la criminale trovava sempre il modo di
passare inosservata e spargere letteralmente il suo veleno sugli alimenti
popolari, per poi dileguarsi nel nulla lasciandosi alle spalle lennesimo
massacro con il solito messaggio in lettere ritagliate, incollate su un foglio
(già pronto nella borsetta): «Morte ai brutti della terra! Il mondo
appartiene ai belli!: El Exterminador de los feos», vero odioso manifesto ispirato dal disprezzo irrazionale del mostro per
quelli che, secondo i suoi non meglio specificati canoni estetici, non
meritavano di vivere. Aberrazione omicida che 1aveva portata alla commissione
dei numerosi attentati, noti a tutti, in tutto il Paese (il Mercato Municipale
di Paiti, ad esempio, per non parlare delle strage di Coreme, Rantàn, Granjas,
tra le più mortifere) tra 1avvelenamento di un marito e laltro, conosciuti
tutti, non si sa quanti, tramite annunci sui giornali, e sempre allo stesso
scopo dello Sterminatore, ma con scelte più oculate degli individui in
particolare difetto di quelle qualità a lei tanto gradite, con cui prima si
univa in matrimoni che non duravano più di due, tre mesi al massimo e poi
avvelenava».
Quelle quarantotto pugnalate! Quella massa
sanguinolenta in cui fu ridotta la Vedova Nera-Sterminatore, nelle foto a
destra delle colonne! Luomo deglutì; la bellezza nero chiomata che fu, a
sinistra, con quel sorriso che non permetteva se non dolci pensieri, lo
turbava: comera stata capace di tanta cattiveria un angelo del genere! Poi
smise i suoi massaggi alle tempie per afferrare meglio la rivista e continuare:
«È stato lintenso fetore ad allarmare il
vicinato. Il corpo della donna, nudo, gonfio e ormai irriconoscibile giaceva
sul letto. Quello di El Beato, alias Joselin Joselo, nudo anche lui, fu trovato invece piegato sul tavolo
della cucina, in fondo allabitazione, avvelenato, secondo i dati necroscopici
rilevati dallautopsia, dal suddetto topicida contenuto nella vivanda della
pentola, completamente vuota ormai sul tavolo (coniglio alla cacciatora,
secondo le analisi) che, con buone probabilità, si sospetta sia stata preparata
dalla Guzmàn allo scopo di avvelenare non Joselo, suo amante (che, ignaro,
forse, dei mortiferi piani della sua amasia, ingerì i resti del cibo, dopo
averla uccisa), ma 1attuale coniuge della pericolosa criminale, ragionier
Moisés Carrasco Bueno, il cui cadavere, per il momento poiché le escavazioni
nel cortile e nel giardino del suo domicilio non hanno ancora dato alcun esito,
risulterebbe misteriosamente scomparso, essendosi trovata la sua automobile
abbandonata sulla strada di Guinares, una località vicina nota per i traffici
illeciti e 1alto tasso di rapimenti, in quella che si ipotizza sia la finzione
di un sequestro di persona, escogitata dalla Guzmàn, secondo gli inquirenti,
nel disperato intento di confondere le indagini che, dopo gli ultimi
avvelenamenti collettivi in diversi centri urbani dei dintorni, cominciavano a
chiudersi intorno alla sua nuova identità. Del resto il bagaglio pronto della
Vedova Nera e la presenza in casa del cadavere di Joselo, permettono di
assodare 1ipotesi di un frustrato piano di fuga in due, siamo cioè di fronte
al più banale triangolo amoroso: anche i cattivi amano, si potrebbe dire,
concludendo, come negativo epitaffio che chiuda 1infame carriera della Guzmàn.
Frase niente affatto ironica che, stando alle voci della strada e ai dati
necroscopici sulla presenza di sperma, rilevata dalle autopsie nella vagina del
cadavere della Guzmàn, e allassenza di tracce di violenza carnale sul suo
corpo, corroborerebbe lo scenario criminale già avanzato dagli inquirenti: lui,
nonostante la sua nota carenza di quelle qualità fisiche osannate
dallassassina, viene travolto, «sedotto» dalla violenta passione della donna,
e coinvolto in una relazione segreta che porta Joselo, il cui fanatismo
religioso è noto in tutta la città, ad uno shock morale e a uno stato di fatale
pentimento poiché, dopo la vergogna e il disonore inflittigli dallimmoralità
della sua defunta moglie e dal suo stesso gesto omicida, da quando era stato
scarcerato, veniva manifestando pubblicamente quella sua convinzione sulla natura
abietta del genere femminile nonché la sua avversione per il gentil sesso che
1aveva persino portato allesclusione di ogni immagine femminile religiosa
dalla nutrita agiografia domestica che ricopriva i muri di casa sua: sante,
beate, vergini e madonne, perché, in quanto donne, secondo i suoi noti,
bizzarri commenti, erano causa del male che prima o poi sarebbe finito per
corrompere persino i santi maschi del Paradiso; cosicché quella sera, roso dal
rimorso, Joselo, per di più inconsapevole dei piani perversi e della vera
identità dellamante, mise fine al rapporto illecito e alla mortifera carriera
della Vedova-Sterminatrice accoltellandola nello stesso talamo impuro del loro
ultimo rapporto sessuale e, affamato, va quindi in cucina, dove (ignaro senzaltro
della «trappola gastronomica» tesa dalla moglie al marito, giunta «la sua ora»)
consuma il suo ultimo pasto con gli avanzi della stessa pietanza mortale che
già, forse, aveva avvelenato il ragionier Carrasco (ricercato, vedi foto
sopra)».
«Signore, ehi! Dico! Oggi non sarà possibile,
torni un altro giorno, sto per chiudere, capito?». A momenti gli va addosso; il
vecchio lo avvolse nel suo alito greve incollando la sua faccia pallida e
smunta alla copertina del vecchio Crimen!
Laltro usci dalla sua concentrazione senza la minima nozione né di luogo,
né di tempo e nemmeno di se stesso: «Sì, sì, padrone, i grandi hanno già
mangiato tutti e aspetto solo larrivo del mangime per quelli allingrasso,
quelli in fondo; quelli piccoli invece li ho già tolti alle scrofe e chiusi nei
loro porcili
Oh, mi scusi, don Flavio! Io credevo che
». Non si trovava
quindi, come a fatica realizzò, nelle porcilaie della PUVSA, Porcicultores
Unidos del Valle S.A., lallevamento suini dove da diversi mesi lavorava, ma
alla Peluqueria La Tradiciòn, che figura! Il vecchio, in piedi davanti a lui,
lo scrutò con malfidente invadenza, e mentre laltro si alzava dalla sedia con
la pesantezza di chi ormai è stanco di tutto e usciva in strada, lui, preso
dalla fretta di sfuggire alla pioggia faceva calare la saracinesca meccanica
chiedendosi da dove mai potessero arrivare ogni giorno tutti quegli
avventurieri che avevano preso la prospera e operosa Tetel come meta del loro
vagabondaggio, tipo quello lì, ad esempio, sporco, puzzolente di porcile, con
tutta quella disperazione piena di peli. Certi suoi vecchi clienti, pure loro
operai della PUVSA, anche se fissi, gli avevano detto che quello lì (adesso
attraversava Progreso verso il marciapiede opposto, incurante del traffico
assordante dellAvenida e dei paurosi lampi che infuocavano il cielo) non era
mica tanto a posto, che aveva «perso la bussola» e lo chiamavano «Octavio e
basta», perché ogni volta che gli si chiedevano le sue generalità quella era
lunica cosa che sapeva rispondere: «Octavio e basta»; dicevano anche che non
era difficile sorprenderlo a mangiare tra i maiali, disputar loro il mangime
nelle mangiatoie automatiche di don Gustavo Larraya. Don Flavio non aveva dubbi: ci sono in giro certi ceffi oggidì!
Nessuno sa nemmeno che bestia li ha messi al mondo. Ancor prima di avviarsi
verso casa ombrello in mano, lo vide raggiungere il marciapiede e perdersi
dietro la barriera di ombrelli della gente che aspettava lautobus, per
riapparire poi vicino allangolo con Alianza rasente le vetrine dei negozi, le
mani nelle tasche dei calzoni consunti, tirar fuori una mano e prima
massaggiarsi le tempie e poi stenderla a raccogliere le prime gocce di pioggia
che iniziavano a cadere, (e la radio aveva annunciato una forte tempesta!), e
per ultimo piegare verso la PUVSA, in periferia, dove, gli avevano detto,
dormiva in una porcilaia dismessa.
Da: Anime in Viaggio
autori vari
© Edizioni Eks&Tra 2002
e-mail: redazione@eksetra.net www.eksetra.net