Adesso sono molto ma molto incazzata, prima avevo
anche scritto una cosa veramente carina da inviarvi, soltanto che questo
fottuto computer è andato in tilt proprio quando stavo usando il correttore
automatico di ortografia, cosa che ovviamente uso poiché non sono italiana,
almeno non di nascita ma di sangue sì, perché mio nonno era, come si dice da
queste parti della pianura, un vero «terrùn» e quindi adesso mi arrabbio di più
perché avevo scritto come vi dicevo una cosa carina e proprio sul più bello,
ossia quando lhai belle finita, sparisce tutto e non hai più niente e allora
mi viene su quel sangue del Sud e dico e no e no non gliela do così vinta a
questa maledetta macchina; e penso alla mia bellissima vecchia Remington, là in
Argentina, che chissà nelle mani di chi sarà finita, dove ho scritto
uninfinità di poesie e cose tutte veramente molto melodrammatiche, si capisce,
visto i tempi bui che stava attraversando il mio Paese in quei momenti.
In mio primo scritto, ovvero quello che ha appena
cancellato questa benedetta macchina (adesso la tratto bene così non mi
cancella anche questo
), dicevo, avevo cominciato affermando che non avevo
nessuno scritto su «Eppur si ride» per le circostanze appena dette e allora
avevo scritto su come mi sono inserita in questo bel Paese, questa «Repubblica
fondata sul lavoro», e avevo cercato di spiegarvi quanto sia difficile trovare
da ridere quando appena arrivata, scappando dalla dittatura militare, quando quasi
ricercata per aver ballato un omaggio a Neruda, presi il primo aereo per
tornare al mio Paese dorigine dove non mi torturassero se ero comunista, feci
il primo tentativo tra laltro telefonico per pulire scale: la signora con la
cui parlai assai poco, appena sentì il mio accento straniero, mi lasciò parlare
da sola, e allora non mi venne da pensare e neanche da dire pensandoci bene
«Eppur si ride», sebbene questo sia largomento di cui voi avete bisogno per
premiare qualcuno e allora io vi assicuro che nel mio lontano Paese si ride
parecchio, in realtà si ride più di quanto non si lavori e allora io come
secondo tentativo, per guadagnarmi il pane, nel vero senso della parola, cercai
negli alberghi dove finii pulendo cessi e con la nausea di entrare a pulire le
camere dei russi e dei francesi, che sono in assoluto i più schifosi e luridi
turisti che si possa immaginare, in fatto di cessi, sintende. Lasciai quel
lavoro delicato senza molta fatica ma molto affaticata, perché vi posso
assicurare che fare 16 letti nel giro di 4 ore, coi rispettivi bagni, tappeti e
vetri, è un lavoro mostruoso, tanto che io adesso guardo quelle signore robuste
uscire dal retro dei grandi alberghi, e le guardo con grande ammirazione perché
penso come fanno ancora a camminare per avviarsi a casa dopo quel martirio
mattiniero. Comunque sia trovai lavoro in un ristorante e lavare bicchieri e
piatti in confronto allaltro macello non era proprio da dire «Eppur si ride»;
e allora lavoravo più rilassata e meno triste fino quando mi chiamarono ad
aprire le ostriche in cucina e la cuoca voleva che io veramente aprissi quelle
maledette che già dallaspetto si mostravano assai mal disposte nei miei
confronti tanto che finii per tagliarmi quasi completamente un dito, finendo
come ben potete immaginare allospedale e senza neanche le 30.000 lire della
giornata perché ero uscita prima della chiusura del locale. «Eppur si ride»
deve essere unespressione del tutto italiana, e per questo intendo espressione
usata dagli italiani che hanno il lavoro «in bianco» come a me piace chiamarlo
perché voi chiamate «ingaggiato» io dico in bianco, anche se in quella angelica
situazione non mi sono ancora mai trovata giacché sono straniera, anche se
figlia del famoso, soltanto per me si capisce, terrone del Sud; e allora
finisco, sempre in nero sintende e non solo nei vestiti, in un altro bar dove
qua sì che rido perché continuamente si fanno battute su come parlo o come
traduco letteralmente le frasi e ridono tutti, e si capisce anche io, ma qua
dove magari potremmo essere arrivati a un «Eppur si ride» bello e buono per
vincere un concorso e magari sbarcare un po meglio il lunario, espressione mai
capita veramente ma spesso usata da me; e allora dicevo quando avevo cominciato
finalmente a ridere, dietro il mio sorriso sottomesso si trovava il mio essere
umiliato e vergognato di dover ridere perché il padrone diceva la battuta, o il
capo, come mi hanno spiegato, civilmente da locale progressista, padrone non si
dice più.
Allora ragazzi, vado al sodo, unaltra espressione
molto ambigua per me, non so sinceramente cosa possa significare «12 cartelle
di 30 righe per 60 battute», non ho a questo mondo amico, cuoco o cameriera che
sia, che possa spiegarmi la cosa e allora io vi mando questo «coso» sperando
sia nei limiti consentiti e dicendovi commossa che mi fa piacere fare qualcosa
di creativo anche se sono le due del mattino e laltro pezzo che era venuto
meglio se ne è bello che sparito, e io vi dico allora che «Eppur si ride» mi fa
venire in mente unopera tipo La forza
del destino e per quel poco che so nelle opere, almeno non siano operette,
si ride ben poco come peraltro anche nella vita come potete ben vedere da
questo mio piccolo racconto. E adesso mi affretto a salvare perché giuro non lo
riscrivo più.
«Eppur si ride?». Sarà
Da: Anime in Viaggio
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