Alcuni studenti delle classi del Cpia a Persiceto

Alcuni studenti delle classi del Cpia a Persiceto. A destra la prof.ssa Magda Burani

Provengono da Iran, Moldavia, Ucraina, Pakistan, Marocco, Costa d’Avorio, Tunisia, Guinea, Polonia, Italia, Burkina Fasu, Mali, Sierra Leone.
Sono in Italia per differenti voleri del destino: lavorano come badanti, sono in attesa dello status di rifugiato, sono giovani di seconda generazione che hanno interrotto il ciclo della scuola dell’obbligo e sono ritornati sui banchi per prendere la licenza media, lavorano in fabbrica, sono pensionati italiani che vogliono coronare il sogno di un titolo di studio.
C’è una varia umanità nelle classi del Cpia (Centro provinciale istruzione adulti) Metropolitano, che a San Giovanni in Persiceto e a San Pietro in Casale ha attivato varie classi.

Due di queste a San Giovanni in Persiceto e una a San Pietro in Casale, in tutto una cinquantina di persone, hanno partecipato al Corso di poesia proposto dall’associazione interculturale Eks&Tra, accolto grazie all’interessamento della professoressa Magda Burani e realizzato dal poeta iracheno Gassid Mohammed, laureato con dottorato in Italianistica e professore di arabo all’università di Bologna.

Il Corso di poesia rientra all’interno del progetto La terra promessa: mito, viaggio, ricordo, avviato dal CPIA Metropolitano in collaborazione con un’ampia rete: Associazione Culturale SMK Videofactory, Associazione culturale ‘Terre in-forme”, Associazione lnterculturale EKS&TRA, Casa editrice Alpina ltinera S.Giustina (BL), Comuni Unione Renogalliera, Comune di MINERBIO, Comune di S.Giovanni in Persiceto, IC Persiceto, IC Minerbio, IC Sanpietro, ISIS Archimede S.Giovanni in Persiceto.

Gassid ha proposto un viaggio tra poesie del mondo, leggendo liriche di poeti pachistani, cinesi, sudafricani…

La classe del Cpia a San Pietro in Casale

La classe del Cpia a San Pietro in Casale

Versi che hanno aperto i cuori e le menti degli allievi, che hanno fraternizzato attraverso le parole dall’italiano alle varie lingue madri e poi di nuovo in italiano, per riuscire ad esprimere sensazioni, sentimenti, dimensioni interiori che spesso non trovano modo di emergere e manifestarsi agli altri.

Un verso delle poesie lette recita: “Lentamente muore chi non parla a chi non conosce” e colpisce gli allievi. Pian piano si aprono e mettono in comune le loro storie attraverso i suoni delle loro parole.

“Amore” è stato pronunciato nelle diverse lingue presenti in classe.  Tigorì, della Costa d’Avorio, ha affascinato con “Me Dofo”, che significa “ti amo con tutto me stesso in un grande abbraccio di passione”, oppure “habibi”, amore mio in arabo, oppure “mirapiar” in hurdu, “giagnemogo” in bambaran (le parole sono traslitterazioni che riproducono i suoni, non l’esatta grafia).
La parola onda, “volna” in russo, oppure “galleggiare” che in persiano si pronuncia “shenavar”. “Aria” in arabo suona “hawa”, in bambaran “’nframa”.
Dio, in russo Bog, in ivoriano Gnimien che significa anche Bellezza. Nell’aula si diffonde un caleidoscopio di suoni colorati, un piccolo-grande tesoro di conoscenza, parole che ognuno porta con sé e da cui può partire per comporre la propria poesia.

Dopo una settimana ci si ritrova. Ognuno legge la propria poesia pensata in lingua madre e poi composta in italiano oppure scritta direttamente in italiano.
L’amore è la parola-sentimento che più ha ispirato i versi composti dagli studenti. Alcune poesie rispecchiano i tragici attentati di Bruxelles ed esprimono pessimismo per una convivenza possibile tra culture diverse. Nell’alchimia della bellezza delle lingue le difficoltà e lo sconforto vengono superate alla ricerca di ciò che è importante condividere, piuttosto che su ciò che divide.