L’imbuto – Mario Akalaitis

I

Stesa sul divano, Eleonor osserva Dario, al capo Est dell’appartamento, in fondo al corridoio, inquadrato nel telaio della porta che dà sulla cucina: visto così, di spalle, sembrerebbe andare tutto bene o perlomeno tutto come al solito; prepara uno dei suoi risotti al risparmio: zucchine, carote, patate lesse; e lo sa per via del profumo portato dall’aria di mare, di oceano, direbbe Dario, dalla cucina, lungo il corridoio, alla finestra all’altro capo dell’appartamento, esposta a Ovest, da cui Mario, il suo ragazzo, migliore amico di Dario, mio fratello, direbbe Mario, affacciato a fumare, ascolta l’estuario del Tejo che da lí sente, eppure appena si intravede e aspetta una telefonata dalla veterinaria che doveva chiamare alle undici e sono le due.

Le strappa con i denti, Eleonor, stesa sul divano, ci gioca con la lingua, una ad una nella fessura tra gli incisivi, risucchia: un movimento fluido, continuativo, sull’unghia recisa, le porta sollievo. Ricalca i passaggi con premolari e molari.
La memoria sopperisce alla responsabilità di molte cose, pensa, mi avevano offerto un contratto fisso, forse è meglio se non ricordo, voglio godermi il mio nuovo lavoro.

Eleonor vive a Lisbona, assistente per l’organizzazione di eventi al Centro Cultural de Belém; durante il colloquio le era stato detto che l’offerta era superiore allo stipendio medio nazionale.

Mario e Dario non avevano esitato a seguirla, con loro anche Freya, la loro cagna bianca. Quella volta in cui aveva parlato con loro riguardo il possibile trasferimento, più di due mesi fa, le avevano risposto che il luogo in cui sono nati e cresciuti è la fossa da cui fuggire, il burrone che ha inghiottito la maggior parte delle persone a loro care, gli esempi da non seguire, quindi ogni scusa è buona per andarsene da lì, in qualche maniera sarebbero riusciti a stabilizzarsi a Lisbona. Un po’ li capisco, pensa Eleonor, ma io non sono capace di vivere così, sono anni che convivono, e sempre in situazioni al limite, non so come fanno: ho bisogno di un minimo di comodità; abbiamo un appartamento ora, spero non abbiamo fatto il passo più lungo della gamba: da sola è una cosa, così è complesso. La cosa che la preoccupa di più, però, sono le condizioni di Freya.

Ancora stesa sul divano, le cade l’occhio sulla ciotola della cagna, e pensa a qualche sera fa, quando aveva staccato dal lavoro, ed è solita camminare fino a casa, per godersi il tramonto. Quella sera, Dario, Mario e Freya l’avevano aspettata all’ingresso della spiaggia, pronti per far serata: birre e patatine, andiamo a guardare il tramonto stasera, festeggiamo il primo mese, le avevano detto. Mi sembra che siamo qui da sei mesi, pensa continuando a osservare la ciotola, è solo un mese che siamo qui. Dario e Mario sono fiduciosi che le cose andranno meglio da qui in avanti: lontani da casa, non si parla l’italiano; l’appartamento è piccolo, ma ci trasferiremo in uno migliore, le avevano detto scendendo in spiaggia seguiti da Freya: tutto sembrava possibile.

Si sono abituati presto ad avere l’estuario del Tejo a tre minuti a piedi, ci vanno spesso. All’inizio capitava che Eleonor avesse dei forti momenti di ansia: ha iniziato solo in questi giorni a sentirsi a suo agio nel tragitto casa-lavoro, camminare da sola, fino a qualche giorno fa, la impauriva, invidiava Dario e Mario, i quali sembravano non avere alcun problema nell’uscire; le mancano i suoi vecchi colleghi, i suoi amici di Vilnius, dovrei chiamarli, pensa, non voglio perdere i rapporti, ma ho paura di metter loro pressione, meglio se doso le telefonate, altrimenti penseranno che me la passo male; deve ancora trovare il supermercato giusto in cui fare la spesa, e questa è forse la cosa in assoluto, dopo Freya, che la manda più in ansia. Si dice che è normale, ma avere il Tejo sotto casa, pensa sdraiata, fa la differenza; una passeggiata in spiaggia insieme a Freya, e ogni stress se lo porta via l’oceano.

Dario sta preparando la cena, chiede a Mario se sta studiando portoghese, come sempre; lui risponde che legge Il Post sul cellulare, l’unica testata che riesce a digerire, stasera non riesco a studiare portoghese, gli dice, e cosa dice Il Post?, gli fa Dario.
Eleonor si gira a guardarlo.
È un articolo sulle conseguenze della guerra, attacca Mario, il grosso aumento dei costi che c’è stato, e che continuerà a esserci, porterà in poco tempo i nostri stipendi, che se prima erano nella, o sopra, la media nazionale, a non bastare più, e saremo sull’orlo della povertà.
Niente di nuovo, risponde Dario, invitando gli altri a tavola. Eleonor, invece, si alza di scatto, sente che l’ansia inizia a montare, e chiede a Mario di inviarle l’articolo. Per tutta la notte ci rimugina e approfondisce l’argomento.

Sdraiata a letto, dopo cena, ne discute con Mario, e concordano che è meglio se lui studia il portoghese più seriamente, e cominci a cercare un lavoro ben retribuito, mentre lei chiederà un aumento, visto che si ritrova a sostenere turni sempre più estenuanti e si sta sfibrando. Priorità a Freya, però. Aspettiamo domani di sapere qualcosa dal veterinario, dovremmo riuscire a pagare tutto, poi chiedo l’aumento, Mario concorda con lei.

Prima di portare Freya per i controlli, Eleonor, era solita passare la maggior parte del pochissimo tempo libero in spiaggia con lei: le ultime volte non le bastava, la serenità non tornava più. Dopo che la benzina era salita a 2 euro e 50 al litro e i caffè al bar sono passati da 70 centesimi di media a 1 euro e 20, in casa qualcosa era cambiato. Prezzo di benzina e caffè sono ottimi indicatori del costo della vita, le aveva spiegato Dario una sera a tavola, così ho pensato che rendere la casa più accogliente potrebbe darci una mano in questo momento, guarda cos’ho trovato al parco, e le aveva mostrato una manciata di germogli, vedrai che la situazione si sistema. Da quel giorno, ogni volta che Dario non lavora, se ne va per il quartiere a caccia di vasi da portare a casa. Lui ed Eleonor la sera si godono le piante, ne piantano di nuove, ne trapiantano altre; poi, insieme a Mario e Freya, in spiaggia per il tramonto. Avevamo trovato il nostro rituale, pensa Eleonor, spero Freya non abbia nulla di grave, erano due giorni che non mangiava.

II

Eravamo seduti fuori perché dentro Dario in sala d’attesa non ci voleva stare, dice Mario a Eleonor che lo ascolta seduta sul divano, voleva fumare e leggere, perché così, le spiega Mario, che invece sta in piedi come un emissario, e dietro di lui Dario, zitto, gli passava un po’ il tempo; e leggere in lingua distraeva meglio, o concentrava meglio, e Também os brancos sabem dançar, di Kalaf Epalanga, secondo l’opinione di Dario, dice Mario, era abbastanza pop da risultare facile, e abbastanza interessante da permettersi, parole testuali di Dario, di fare a meno del traduttore; e le racconta tutto ciò per dirle che sembrava dovessero stare dentro giusto un attimo, pagare alla cassa e portarcela via subito, dice Mario, invece la veterinaria apre la porta dell’ambulatorio e dice, scusate l’attesa, c’è stato un imprevisto, per favore venite dentro, e noi, allora, entriamo e Freya è stesa sul lettino, morta.

Ci sono momenti in cui ti convinci che stai commettendo tutti gli errori passati e futuri, gli errori tuoi, gli errori di altri, commetti gli errori di tutto il mondo: questa convinzione ti lascia uno sconforto lancinante. Sono solo momenti, Eleonor, capita anche a me.

A volte penso: vivi a duemilacinquecento chilometri da dove sei cresciuto, non conosci nessuno, non sai la lingua, il tuo conto non è mai stato così in rosso; la tua compagna oscilla tra depressione e ansia: il lavoro, la situazione; e si sfoga sul cibo; Dario si sta esaurendo per prendere i due soldi per affitto e spesa, è sempre con la testa al lavoro, sempre teso, e rende nervoso anche te. Ti capita mai di pensarci?

Tipo adesso mi direi: sei nato alle porte del nuovo millennio, in un luogo in cui I Soldi prima di tutto; la tua famiglia biologica, i tuoi genitori e tuo fratello: tuo padre è un imprenditore fallito sommerso dai debiti che subisce i rimproveri della moglie, tua madre: casalinga, perché non ci sono soldi, perché I Soldi prima di tutto; tuo fratello, che ha sintomi da hikikomori, e non lo ammette a sé stesso, anche se è lampante, e pretende, con le ricerche compulsive che fa su internet, dalla sua posizione ortopnoica, perché ha la sensazione di avere i polmoni troppo stretti, te lo dice sempre, ed è ossessionato dal mantenimento del proprio fisico attraverso le posture corrette, attraverso la posizione ortopnoica in cui te lo immagini, dalla quale di solito pontifica, soprattutto a te, è convinto di sapere tutti gli errori che stai compiendo nella tua vita, e te li snocciola: dallo stare con la ragazza lituana, all’errore che hai commesso emigrando, al fatto che avresti dovuto far valere la tua laurea senza accontentarti di lavori che possono far tutti eccetera. Se nasci in un posto non puoi andare via, devi vivere lì, Eleonor, mi dice ’ste robe, devi assicurarti di avere ciò che serve per poterti seppellire senza che nessuno debba rimetterci, tuo fratello lo dice sempre, piuttosto di provare a farti una vita da un’altra parte, non serve a nulla, dice, il mondo è uguale dappertutto. 

E la guerra ti ha messo nella merda Mario, mi dico, ha accelerato dei processi e tu non puoi farci assolutamente niente. E se non posso farci niente vado via di testa, Eleonor, lo sai. Gli errori che hai commesso sono solamente i tuoi: anche se molte volte gli errori sono conseguenze di situazioni più complesse, che non sono controllabili; questo pensiero non mi fa chiudere occhio.

La notte che abbiamo saputo, ho fatto un sogno:
nel sogno, mi sveglio a notte inoltrata, e so di aver sognato la mia famiglia, noi, sparire; e dopo che mi sono svegliato non riesco più a riaddormentarmi: quindi mi alzo e esco; cammino per il quartiere, qua fuori, per non so quanto tempo, finché sento le onde e vado diretto in spiaggia, arrivo lì e le onde non le posso vedere, perché è notte, ma le sento e basta, e penso che mi potrebbero inghiottire, e appena lo penso, quel sentore si materializza, mi prende dai piedi e mi trascina in fondo all’oceano dove riesco a sentire solo le contrazioni della mia trachea che non trova ossigeno, un momento: il nero, vuoto: stop!; l’istante dopo piango sdraiato sulla sabbia e urlo, da solo, perché così mi sento, solo, e, di nuovo sento le onde, che coprono i miei singhiozzi. Una piccola luce in lontananza, capisco che è l’alba: il gonfiore degli occhi si è spostato nel petto e nel ventre, e i miei occhi mi guardano, e mi dicono: è l’ansia.

Questo è il sogno ricorrente che faccio ogni sera da almeno un mese, e quando mi sveglio, tutte le volte, anche se so essere un sogno, quel sogno, non riesco a capire se sono uscito davvero, se stavo in spiaggia, eccetera; ho ricominciato ad aver paura di andare a letto, come quando abitavo con mio fratello, perché ho paura di sognare di nuovo, ho paura che proverò paura durante il sonno, di nuovo.
Eleonor e Dario mi guardano, mi chiedono di ritornare a casa.