Non ho attraversato nove paesi per vivere così – Presentazione prof. Fulvio Pezzarossa

Non ho attraversato nove paesi per vivere così.1

Senza voce ancora.

Per tanti aspetti si può dire che l’intera storia delle recenti migrazioni verso la penisola trovino efficace e perdurante testimonianza nelle intense e ostinate voci che l’associazione interculturale Eks&Tra ha accompagnato e raccolto nella loro difficile presa di parola, a cui ha corrisposto, nella varietà complessa di significati, la scrittura di migrazione.

È degli anni Novanta un primo incerto, altresì stimolante nella sue inaspetatte novità, affacciarsi alla ribalta da parte di figure dalle quali s’aspettavano sommarie notizie di un altrove tutto di maniera. Un grumo di preconcetti incrinati dai nuovi autori con le loro esplosive novità presentate al concorso riservato ai nuovi scrittori si venivano dispiegando, fino a indicare una possibile autonomia di impegno intellettuale in un’Italia che si presumeva avrebbe messo in campo quelle strategie di accoglienza che per più di un secolo erano mancate ai nostri lavoratori che varcavano i confini, spargendosi nel globo.

L’acquisita autonomia di sconosciute figure di scrittori, si soprapponeva tuttavia al progressivo incattivirsi verso l’alterità, al gioco di parte basato su elaborazioni ostili del sistema politico, spingendo piuttosto l’associazione a concentrare la propria mission di inclusività sul terreno del fare letterario con innovative e al tempo stabilizzate modalità, che hanno pervaso una stagione di lungo respiro, ancora attiva e collaborativa col Dipartimento di Italianistica, oggi FICLIT bolognese, conservando nel sito www.eksetra.net la funzione di repository della mole ormai realmente straripante delle decine di antologie sfornate in conclusione dei lavori.

Ne è scaturita una sorprendente plasticità di proposte, forse a sorprendere gli stessi interlocutori del volontariato e dell’accademia, che nella volontà di sostanziare un più scontato progetto concorsuale e competitivo, hanno concentrato tempo ed energie su percorsi articolati in forme laboratoriali, entro una cornice di riconoscibile materia universitaria. Il che non ha impedito di esplorare i potenziali di un termine a rischio di vuoto retorico, quando l’intercultura non è effettivamente espressione piena, libera e paritaria di identità2 provenienti dall’altra parte del confine (direbbe Khosravi,3 e si veda il suo peso qui nel racconto Border), esprimendo una curiosità non superficiale per il nuovo e l’intentato.

Inutile dire che la svolta significativa, giocata in una prima fase attraverso prove individuali degli allievi di vario passaporto, è venuta poi a dirigersi nella direzione del meticciato, quando il coordinamento operativo è stato generosamente assunto da Wu Ming 2.

Questi in più di un decennio non ha mai centellinato il suo impegno anche nell’ultimo progetto, portando in rilievo sin dall’impostazione degli argomenti da sviluppare, come nella composizione di gruppi plurimi di autori riuniti per la stesura del racconto, l’elemento della sorpresa combinatoria, che consentisse comunque proprio lo sviluppo di un’unica voce, di una proposta infine omogenea ma scaturita dai singoli, adattata in una tonalità pertinente solo nell’impegno della convergenza ideativa.

A questo allude in modo trasparente il titolo del volume Le probabilità sono minime,4 antologia di alcuni significativi testi prodotti nei laboratori precedenti, che nel corso degli ultimi mesi è stato oggetto di presentazioni, stimolo a riflessioni sul fatto e sul da farsi, sottolineando con forza la preminenza dell’intenzione, e perciò delle doverose risorse basali alle quali puntano gli incontri in aula, fuori da un orizzonte semplificante di buonismo paziente ed equanime. Ne è stata direttamente investita l’impostazione stessa della proposta narrativa dei lavori qui raccolti, non più traguardata sullo stimolo documentario o sulle vicende medializzate, ma piuttosto giocata (è il caso di dirlo) su un trasparente riferimento a Calvino, su un sentore di OULIPO a stimolare allievi spesso principianti nella scrittura narrativa, del tutto digiuni da esperienze con testi collaborativi, a costruire su figure, luoghi e snodi prefissati l’impulso narrativo che questi improvvisati “tarocchi” potevano ispirare.

Come ben potranno vedere i nostri lettori, ancora una volta si presenta un’innegabile varietà di soluzioni dell’impostazione e dell’assetto diegetico, inteso come movimenti di scena, profilo dei personaggi, varietà di modi espressivi, che rimbalzano dalla quotidianità domestica, dal colloquio intercorso tra giovani expat, al favoloso e al fantastico, alla crew imberbe che inscena un ironico non giallo, al controcanto di una singolare narrazione auto-etnografica, allo sguardo rivolto a fragili rapporti interfamiliari, per approdare allo sconvolgente “documentario” affatto inventato, che vede altri migranti a tutto tondo non solo vittime di ingordigia ed equivoci professionali, ma trasformati in veri e propri esseri Invisibili (per utilizzare la trasparenza metaforica di un altro racconto), data l’incredibile sorte delle povere figure costrette a essere sepolte vive nei vecchi bunker antiatomici della linda e ordinata Svizzera.

Doveroso ricordare che questo spunto di cronaca altrui, che amaramente agguaglia la foga di ogni stato verso le più incredibili, e spesso insopportabili per violenza e mortalità, soluzioni volte a frenare, allontanare, celare, negare e tacitare figure umane di pretesa diversità, sia scaturita dall’impegno anche informativo di Roberta Sangiorgi. Ideatrice di questa nostra associazione, dopo un trentennio di impegno sincero, limpido e disinteressato, ha voluto mettere sé stessa alla prova, ripercorrendo se non le orme della migrazione (cosa che già egregiamente realizza col proprio lavoro indirizzato a rispondere alle ragioni della grande migrazione albanese), quei percorsi labirintici, stimolanti nella loro imprevedibilità, ai quali il laboratorio si affida, raccogliendo dalla varietà delle provenienze, dalla diversità delle lingue, dalla ampiezza delle intenzioni e dalla pluralità di impegni ed esperienze, le voci che da tante parti del territorio italiano, come di quello europeo ed anche transcontinentale s’affacciano generosi e attenti al nostro invito.

Dunque, ringraziati doverosamente per avere assicurato e migliorato la continuità di una nostra vecchia idea Wu Ming 2, Filippo Milani e Giulia Molinarolo, eccoci pronti a costruire affabulazioni attorno ad avventure meticce anche nell’anno accademico che va a cominciare. Sicuri che verranno come quelle presenti a convergere attorno a situazioni e problematiche sulle quali la storia odierna costringe a inevitabili sfide e prese di coscienza. Esse non possono che intervenire inseguendo quell’“odore d’uomo che perseguiva Marc Bloch con l’Apologia della storia e le Annales,5 abbracciando in una profondo disegno di libertà e progresso la narrazione delle esistenze umane a tutto campo.

Fulvio Pezzarossa

Presidente associazione interculturale Eks&Tra-Aps

NOTE

1 Dal racconto Mondo di sotto e di sopra.

2 W. Baroni, Contro l’intercultura. Retoriche e pornografia dell’incontro, Verona, ombre corte, 2013.

3 S. Khosravi, Io sono confine, Milano, Elèuthera, 2019.

4 Le probabilità sono minime, a cura di Wu Ming 2, Firenze, Edizioni Piagge, 2023.

5 M. Bloch, Apologia della storia o Mestiere dello storico, Milano, Feltrinelli, 2024.