Relazione di Erminia dell’Oro

Letteratura di Migrazione, Ponte fra Culture Diverse

Di Erminia dell’Oro

C’è una città, in un libro di Italo Calvino Le città invisibili, che potrebbe essere metaforicamente, il punto d’incontro delle culture diverse.

‘I mercanti di sette nazioni convengono a ogni solstizio ed equinozio. Non solo a vendere e a comprare si viene a Eufemia, ma anche perché la notte accanto ai fuochi tutt’intorno al mercato, seduti sui sacchi o sui barili o sdraiati su mucchi di tappeti, a ogni parola che uno dice – come ‘lupo’ ‘sorella’ ‘tesoro nascosto ‘battaglia’ ‘scabbia’ ‘amanti’, gli altri raccontano la loro storia di lupi, di sorelle, di tesori, di scabbia, di amanti, di battaglie.

E tu sai che nel lungo viaggio che ti attende, quando per restare sveglio al dondolio del cammello o della giunca ci si mette a ripensare tutti i propri ricordi a uno a uno, il tuo lupo sarà diventato un altro lupo, tua sorella una sorella diversa, la tua battaglia altre battaglie, al ritorno di Eufemia, la città in cui ci si scambia la memoria a ogni solstizio e a ogni equinozio’.

Così, la letteratura della migrazione, è il grande luogo dove ci si scambiano le proprie esperienze, e ognuno si avvicina all’altro.

Già negli antichi imperi, scrittori e poeti esuli, migranti, narravano le loro terre, l’esilio, la nostalgia, che è la più acuta sofferenza del migrante.

La nostalgia accende la memoria, l’immaginazione, il desiderio di tornare in qualche modo a casa, sia pure con la parola scritta, perché ‘l’altro’ legga e condivida esperienze, atmosfere, storie vissute o immaginate.

La parola scritta, ripara, anche – per citare il titolo di un libro dello scrittore magrebino Tahar Ben Jelloul – dall’estrema solitudine.

Trascrivo, sempre riferendomi a nostalgia e scrittura, i versi di una poetessa eritrea Ribka Sibhatù

Parole, parole che
emanano profumo
e portano l’animo
nel tempo e nello spazio

e altri, sempre della Sibhatù

Che importa se sto al buio, al sole, all’ombra..
Rinasco ogni giorno con la penna….

Lo scrittore migrante, in bilico fra due mondi, fra passato e presente, recupera, attraverso la scrittura e al faticoso percorso interiore indotto dalla sua nuova e spesso disorientante condizione, il suo mondo d’origine, di appartenenza, e cerca un’auto affermazione, un riconoscimento, nel mondo estraneo a cui è approdato.

Vi sono sempre più scrittori della migrazione nel mondo occidentale, e molte loro opere hanno dato e danno un apporto essenziale alla letteratura.

Alcuni Premi Nobel sono stati dati a scrittori che hanno lasciato i loro paesi d’origine – l’India, la Cina, l’ Africa – e hanno scritto i loro libri nella lingua del paese ospitante.
Soprattutto nei paesi che hanno avuto imperi coloniali sono emersi nomi di scrittori che hanno risonanza mondiale, e grazie a loro, ci siamo avvicinati a realtà di paesi lontani, a storie che nessun mezzo d’informazione potrebbe raccontarci.

Poichè il libro, resta, comunque, insostituibile.

Salman Rushde, con il romanzo, suo capolavoro I figli della mezzanotte ha descritto con straordinaria forza immaginativa, senza perdere di vista la realtà degli eventi, il percorso dell’India dopo la liberazione.

Molti gli scrittori, uomini e donne, migranti, che hanno aperto al lettore le porte di un mondo complesso, affascinante e pieno di contraddizioni, come l’India.

Si stanno affermando in Occidente anche scrittori cinesi, esuli, soprattutto in Francia, per motivi politici.

L’Africa, di cui soprattutto mi occupo, avendo con l’Eritrea un legame di appartenenza, sta assumendo, nella mappa della letteratura della migrazione, un ruolo importante.
Se un tempo scrivevano dell’Africa, subendone il fascino, gli scrittori occidentali, oggi ce la narrano, con un punto di vista più realistico e significativo, gli scrittori di molti paesi africani.

Scrittori africani, esuli, sono oggi tradotti in tutto il mondo.

Da noi il fenomeno è più recente, perché più recente è il fenomeno della migrazione, ma è in continua crescita.

In Italia alcuni scrittori e poeti, africani, albanesi, o di altri paesi, sono stati pubblicati da piccoli editori coraggiosi, e in qualche caso hanno esordito con grandi editori.
Cito il caso di un romanzo La luna che mi seguiva, di prossima pubblicazione presso Einaudi, e che già si annuncia come un caso letterario. E’ il romanzo d’esordio di una scrittrice della Guinea, che si è stabilita in Italia.

Aminata Fofana, nella solitudine, nella privazione, nell’estraniamento dell’esilio, ha ascoltato una voce, una voce dimenticata. Quella del nonno sciamano che la spinge a narrare, a ricordare. Ne è nato un libro appassionante, che porta il lettore in un universo assolutamente inimmaginabile.

Al lontano villaggio della Guinea, alla sua gente, alle sue usanze, il lettore si avvicina scoprendo, in parte, un paese di cui non si sa quasi nulla.

Recente è il caso dello scrittore etiope Mezlekia, esule in Canada per motivi politici, di cui è stato tradotto in italiano, dall’inglese, il romanzo Nel ventre della iena.

Nel percorso interiore intrapreso negli anni dell’esilio, nella ‘città invisibile’ dove il tempo passato e il tempo presente si fondono, le distanze si annullano, lo scrittore ha recuperato la propria storia nel contesto di una storia molto più ampia, dagli anni dell’Imperatore Hailè Selassiè a quelli terribili sotto la dittatura del colonello Menghistù.

Nonostante i mezzi di informazione e spesso di disinformazione, ancora grande è l’ignoranza sulla storia e la geografia di paesi africani, anche di quelli in cui gli italiani sono stati colonizzatori.

Mi viene in mente un annedoto dello scrittore del Togo Kossi Komla-Ebri, riportato sul suo libro Imbarazzismi.

Kossi incontra in treno un passeggero che gli chiede da che paese venga.
– Dal Togo – risponde Kossi.
– Da noi – replica l’altro – si dice Congo.

Non mi sono affatto meravigliata. Non sono in molti in Italia e altrove a sapere dove sia il Togo, o ad averlo sentito nominare, e sebbene anche là ci sia una dittatura, il Togo è di scarsa importanza agli occhi degli occidentali, e non se ne parla mai.

Kossi, con i suoi libri, ha anche il merito di farlo conoscere, andando nelle scuole, come altri scrittori immigrati, di diffondere le tradizioni, le usanze del suo paese.
Importante è il ruolo, nelle scuole, di questi scrittori; i bambini, che saranno il nostro futuro, si dimostrano curiosi, ricettivi, e non hanno pregiudizi se non gli vengono inculcati.
In una società destinata – che lo si voglia o meno – a diventare sempre più multietnica, la letteratura della migrazione sta trovando, sia nelle scuole primarie che in quelle secondarie, una sua importante collocazione.

Il fenomeno degli scrittori migranti nelle nostre scuole è nato negli anni ottanta, con i libri di Saidou Moussa Ba, Pap Khoma, entrambi senegalesi, e via via, con la pubblicazione di altri libri, racconti, poesie, si è esteso.

Ritorno a Italo Calvino, con il titolo del suo libro Le città invisibili. E lasciando la fantastica città di Eufemia, vorrei immaginare tante invisibili città, anche dell’anima, che assumono forme, colori, suoni, nel momento in cui le loro voci ce le cantano, o meglio le voci degli abitanti, esuli, migranti.

Voci che attraversano lo spazio, il tempo, per portare, oltre all’insostituibile piacere della lettura, la conoscenza dell’altro, dell’altrove.