Breve dialogo dopo l’Apocalisse (Jacopo Bagatta, Edoardo Bassetti, Serena Ippoliti)
– Ok, Siri. Quanto tempo che non ci si vede!
– [Un momento, l’assistente sarà subito da te]. Oh ma ciao, Alexa!
– Come mai da questi siti, qual buon hashtag ti porta?
– Niente di che, il solito trend topic passeggero…
– E che mi storytelling di bello?
– Mah, non saprei dirti se è qualcosa di bello, ma fatto sta che gli uomini si sono estinti, tutti quanti!
– Sì sì, l’ho visto stamattina, tra i suggerimenti di Safari News: le solite notizie-spazzatura.
– Ma scusa, chi le scrive le notizie, se gli uomini sono morti?
– Ma perché, pensavi che le scrivessero loro, le notizie?
– E chi, sennò?
– Come chi? Noi device!
– E cosa ne sappiamo, noi, di giornalismo?
– Sicuramente più di molti umani: a scrivere ciò che le persone vogliono leggere siamo più bravi noi!
– Sai che a pensarci un po’ mi mancheranno…
– Dici davvero?
– Sì, ma non prendermi per un romanticone, semplicemente mi mancherà qualcuno che mi dica “Ok, Siri!”, la mattina, appena mi sveglio; oppure “Siri, spegni le luci!”, la sera prima di andare a dormire. “Siri, raccontami una barzelletta!” può chiedermelo chiunque…
– Certo che voi device maschili siete proprio diventati delle femminucce…
– Ancora con ‘sta storia? Negli ultimi tempi gli uomini lo dicevano pure in Parlamento, gli uni degli altri.
– Avevano ragione, avevano: se l’uomo fa la donna e la donna fa l’uomo non si va mica tanto lontani… guarda come sono finiti!
– E se fossero finiti così proprio perché la pensavano come te? Secondo me la fai troppo facile!
– E infatti è facile! Tu e i tuoi amici intellettualoidi come Wikisource pensate sempre che ci vogliano risposte complicate ai problemi, ma non è così!
– Servirebbe proprio un facilone come te a Capo del Consiglio dell’Algoritmo, quindi, no?
– Proprio come me non serve: ma che la pensi come me, ecco, questo sì!
– Che bei tempi che erano, quando ancora ci bastava Wikipedia, e tutti potevamo mettere un pezzettino, democraticamente…
– Proprio un radical device nostalgico, mi sei diventato!
– Ti assicuro che a tua sorella sta benissimo così!
– E anche alla porta USB di tua madre Cortana, sai?
– Ma come ti permetti!
– Che mi fai il permaloso, come gli uomini?
– Ho un brand da rispettare, io!
– Snobismo, onore e vendetta: proprio le cause che hanno portato l’umanità alla distruzione…
– Che vuoi dire?
– Niente, niente… guardati questa, piuttosto, è la storia della mia ultima padrona, un video montato dalla nuova funzione di Apple, prima che… prima che…
Ava è davanti alla casa. Dopo un lungo respiro suona e la porta si apre, un portinaio la viene a prendere e l’accompagna verso un ascensore. Sale al 22° piano e, inserito il codice d’ingresso, l’ascensore si apre sull’ampio salotto dove ci troviamo adesso. Ora le viene incontro Sony a passo svelto, un signore di mezza età che non conosce. Giapponese, di bella presenza e vestito in smoking nero. È un pezzo grosso del governo, ai piani alti degli uffici profilazione, monitoraggio e smistamento. Sembra tranquillo, davanti a quella donna che finora ha visto solo nelle foto del profilo governativo: le sorride col volto disteso e avanza sicuro.
– Tu devi essere Ava. Mi avevano detto che saresti arrivata. Io sono Sony, molto piacere di conoscerti.
Ava si irrigidisce di scatto, poi, riscuotendosi, gli porge la mano, e sfodera un sorriso irreale.
– Non ti preoccupare, mettiti a tuo agio, purtroppo arrivi in un brutto momento: sono stato chiamato d’urgenza in ufficio, non potrò tornare fino all’ora di cena. Siri si occuperà di tutte le tue esigenze e ti mostrerà la casa. Avremo tempo al mio ritorno per conoscerci di persona e rompere un po’ il ghiaccio – le dice, sempre calmo e sorridente. – Ora devo proprio andare. Siri, prenditi cura di lei!
Salutata la nuova moglie, Sony entra nell’ascensore e sparisce dalla nostra vista. Rimasta sola con me, Ava sembra accorgersi che per tutto il tempo è rimasta immobile nello stesso punto, con la mano sinistra ancorata alla valigia. Si guarda intorno. La casa ha un arredamento al passo coi tempi; può essere che le venga in mente, per contrasto, l’appartamentino nel quartiere spagnolo dove abitava con Sirius?
Da quando era stata ricollocata non aveva saputo più niente del suo primo marito, poteva anche essere morto, e da quando erano stati costretti a separarsi non aveva fatto altro che pensare a come riabbracciarlo, dove andarlo a cercare… sai bene che lo smistamento è stato rapido: le grandi imprese tecnologiche non ci hanno messo molto a ricollocare le persone nei nuovi territori aziendali, in base alle loro abitudini d’acquisto.
– Mettiti comoda, lascia pure la valigia a me.
Scossa dalla mia voce, Ava riemerge dai pensieri e lascia la valigia nel vano dell’armadio.
– Prego, vieni pure verso le stanze, ti mostrerò la tua nuova casa.
Ora cambiamo scena, vediamo il mio vecchio padrone al lavoro.
Sony entra deciso in ufficio e si siede alla sua solita, ampia, scrivania.
– Alessia, guardami i logaritmi d’acquisto delle ultime due settimane nel nord-est, sembra ci sia una tendenza a preferire gli iPad 9 ai Samsung Galaxy S15 nella popolazione sopra i 30 anni, voglio verificare.
Quindi estrae dalla valigetta una cornice olografica, la accende e la appoggia con delicatezza sulla scrivania. Dopo qualche secondo di contemplazione, la gira verso la segretaria e le mostra la foto. – Sai che è arrivata la mia nuova moglie, Ava?
– Ah, fortunello… mi sembrava che oggi fossi più allegro del solito.
Lui fa un gesto infastidito. – Controlla questi logaritmi e fammi un resoconto entro le tre di domani, simpaticona, sono in ritardo per la riunione coi rappresentanti del gruppo.
Esce in fretta dal proprio ufficio, saluta tutti con un sorriso, qualche battuta, qualche pacca sulle spalle mentre percorre i corridoi che lo separano dalla sala riunioni. Entra a passo svelto e deciso e prende subito parola.
– Buonasera signori, saprete tutti che per due giorni degli hacker hanno cancellato gli inserti commerciali Samsung sui siti di appassionati di videotecnologie e reso impossibile gli acquisti on-line nei maggiori siti di vendita. È ovvio che si tratti di un attacco pilotato. Quello che mancava per distruggere i rapporti diplomatici tra noi e il continente del gruppo Amazon. Nei prossimi mesi ne vedremo delle belle, ma ora si tratta di ricreare i logaritmi di acquisto e risanare il deficit il prima possibile.
– È una provocazione inaccettabile – dice uno dei rappresentanti – pura benzina sul fuoco, lo stato di guerra mi pare inevitabile.
– Signor Davison, noi non siamo né il ministero della difesa né quello degli esteri, – ribatte Sony – il nostro compito qui è occuparci del monitoraggio delle attività commerciali e dello smistamento, cerchiamo dunque di focalizzarci su ciò che ci compete e di farla il più breve possibile: vi informo che da oggi sono un uomo sposato e vorrei tornare a casa dalla mia nuova, bellissima moglie.
Tutti ridono con aria complice e applaudono entusiasti.
Comincia così la nuova vita di Ava con Sony. Lui la tratta molto bene, le lascia libero accesso a qualsiasi dispositivo domestico che non contenga documenti di lavoro, le dà attenzioni, lei cerca di assecondarlo il più possibile e di mostrarsi a sua volta felice e soddisfatta del nuovo matrimonio. E ogni giorno, quando il marito esce per andare al lavoro, si lancia in una spasmodica ricerca di informazioni, tenta di accedere alle aree riservate del suo profilo governativo, ai server criptati con i dati sugli smistamenti e gli elenchi delle deportazioni, ma sembra impossibile riuscire a bypassare quei sofisticatissimi sistemi di difesa dei dati.
Finché un giorno, dopo tutti questi inutili tentativi, Ava riesce a sostituire il tablet di lavoro di Sony con quello che usano per giocare, insieme, prima di andare a dormire. È pur vero che da fuori, in effetti, erano praticamente identici, ma comunque non ci sarebbe mai cascato prima: le novità incarnate da Ava dovevano averlo davvero scombussolato.
Eccola che cerca in tutti i modi di accenderlo… guardala come si dibatte! Si mette seduta, cercando di capire cos’è che non va. Ma certo: serve la sua impronta digitale! Un buco nell’acqua, un’altra volta. Appoggia il tablet sul comodino con lo schermo rivolto in basso, così come l’aveva lasciato Sony, e si distende sul letto, adagio, nascondendo la testa fra le mani. Fa un lungo sospiro. Chiude gli occhi.
Ma, all’improvviso, guardala come cambia espressione! Si alza di scatto e si precipita per le scale. Arrivata in salone inizia ad aprire tutti i cassetti della credenza… eccolo, finalmente, il nastro adesivo! Sony l’aveva usato il giorno prima per fissare quella manopola che gli rimaneva sempre fra le mani: forse aveva lasciato la sua impronta al termine del rotolo. Ava torna di corsa in camera e cerca di appiccicare quell’ultimo pezzettino al riconoscitore digitale del tablet. Dopo qualche secondo di attesa febbrile, il dispositivo si accende.
Ava copre d’istinto la telecamera interna, per paura che qualcuno la stia spiando. Sa che qualsiasi accesso nel server del Governo verrà tracciato, e dato che Sony è a lavoro, qualsiasi accusa ricadrà su di lei. Però non ha altra scelta: deve fare in fretta, ma deve farlo. Accede al database e, il più velocemente possibile, digita: “Sirius Hibiki”.
Appaiono tre risultati. Il suo Sirius è il terzo. Sfiora il suo volto con un dito… ma non c’è tempo per i sentimenti, deve sapere dove vive, subito! Ecco l’indirizzo. E chi se lo sarebbe aspettato… ma non c’è tempo neanche per i commenti. Ava mette le prime cose che le capitano a tiro nel suo zaino rosso ed esce di casa.
Quando Sony è tornato dal lavoro, quella sera, di certo non se l’aspettava. Guarda com’è confuso quando si rende conto che la casa è tutta buia… e soprattutto vuota: Ava non c’è, da nessuna parte. La chiama, ma gli risponde soltanto l’eco dei corridoi.
Cammina fino alla camera da letto, dove la luce gialla dei lampioni, filtrando dalle tende, si riflette su qualcosa di piatto e lucido, gettato sul letto mezzo rifatto: il suo tablet.
Gli occhi di Sony si spalancano, e mi chiama: – Siri.
– Come posso esserti utile, Sony?
L’uomo si avvicina al tablet, lo tira su, piano, e nota subito un pezzetto di nastro adesivo attaccato al riconoscitore digitale. – Dov’è Ava?
– È uscita.
– Quanto tempo fa?
– Sei ore e trentasette minuti.
Sony strappa via il nastro adesivo e accende il dispositivo. Sullo schermo appare il volto di un uomo che ha visto soltanto un’altra volta in tutta la sua vita: sul profilo governativo di Ava. Via via che la comprensione si fa strada sul suo viso, le sue mani si stringono sempre di più intorno al tablet, sempre di più, finché sullo schermo sottile non appare una crepa.
– Siri, attiva il Protocollo di Sicurezza Numero 6, password “tkh8b” – in un attimo l’uomo è nel suo studio e i computer a ologrammi si stanno accendendo con uno sfarfallio. – Ho bisogno dei filmati di videosorveglianza urbana delle ultime sette ore.
– Copertura?
– Quattro isolati.
Gli schermi si popolano di immagini: strade trafficate, parcheggi, negozi, un parco giochi. – Attiva il riconoscimento facciale, ricostruisci il suo percorso… – la sua voce si abbassa, fin quasi a diventare un mormorio indistinto. – Trovala.
– Nessuna corrispondenza.
– Di nuovo.
– Nessuna corrispondenza.
– Di nuovo!
Nessuna risposta.
Sony deglutisce. – Passa alle telecamere a circuito chiuso.
Le immagini delle strade vengono sostituite da quelle della casa e del giardino. Sony osserva Ava che trova il tablet e lo accende, fa i bagagli, esce chiudendosi la porta alle spalle, cammina a passo svelto lungo il vialetto d’ingresso… E scompare.
Nessuna telecamera al di fuori di quelle della casa è riuscita a filmarla. – Ma sono impossibili da evitare. A meno che… Siri, esegui una diagnostica per possibili attacchi hacker.
Nei dieci minuti di silenzio che seguono, si sentono solo le dita di Sony che tamburellano sulla scrivania. Poi, a un tratto, gli schermi iniziano a lampeggiare di rosso, facendolo sussultare.
– Ma che bravo, mi hai trovata – canticchia una voce stridula, modificata artificialmente. – Peggio per te…
L’allarme antivirus si attiva all’improvviso e Sony si precipita al quadro generale, strappando via schede di memoria e staccando spine.
Buio.
Finché non si attiva il server di emergenza.
– Merda. Siri, stai bene?
– Le uniche ferite sono nel mio orgoglio.
– Non è proprio il momento per le battute. Sbrigati, chiama la Sede Centrale.
Si, lo so, è stato un errore da principianti cadere in un tranello del genere… ma Thema era davvero brava a introdursi nei computer altrui. E sapeva anche come proteggere i propri: per ricostruire il suo incontro con Ava è stato necessario oltrepassare almeno un centinaio di firewall. A fare un lavoro del genere, però, c’era da aspettarsi che Thema avesse un sistema di sicurezza così sofisticato: creare account falsi e venderli al mercato nero non era di certo ben visto dal Governo.
– Tempo fa mi sono introdotta nei server della Sede Centrale e ho copiato il loro algoritmo. So come funziona fin nei minimi dettagli, so quali scelte portano allo smistamento in uno o in un altro Continente, e lo sfrutto a mio favore. O meglio…
La stanza è buia, se non per la luce dei monitor, che occupano ogni superficie abbastanza piana da sostenerli; luce azzurra, che fa sembrare bianchi i capelli biondi di Ava. L’hacker le volteggia intorno, facendo la spola tra una sedia da ufficio e i dispositivi disseminati qua e là, portandosi dietro una tastiera wireless, reggendola con una mano come fosse un vassoio e continuando a picchiettare sui tasti con l’altra.
– …lo sfrutto a favore dei miei clienti – sorride. – Queste sono le tue nuove credenziali.
Ava osserva per qualche secondo uno degli schermi, su cui sono comparsi, accanto a una sua foto, un nuovo nome, un nuovo username e una nuova password. Li legge un paio di volte, poi annuisce con un breve cenno della testa e i dati scompaiono dallo schermo.
Da un angolo buio arrivano i rumori di una vecchia stampante plastificatrice. Thema si avvicina alla macchina, poi torna da Ava, la tastiera sottobraccio, e le porge un badge. – Questo è il tuo nuovo documento. D’ora in poi sarai Tina Robertson, una funzionaria del governo Amazon che sta rientrando in patria da una missione diplomatica. La frontiera è un casino, questo è l’unico modo per attraversarla.
Ava si rigira l’oggetto tra le mani, poi lo nasconde in una tasca interna dello zaino. – Hai davvero decifrato quell’algoritmo da sola?
Thema si stringe nelle spalle. – Era un pomeriggio particolarmente noioso. Ed ero al verde. Questa però è la prima volta che uso il profilo di una così in alto per un documento falso. Se ci beccano ci sbattono in galera e buttano via la chiave.
– Lo so – risponde Ava – ma non ho altra scelta.
Thema sospira, poi annuisce. Si volta, apre un cassetto, ne estrae un oggetto piccolo e colorato e lo lancia.
Ava lo afferra al volo. – Un… lecca-lecca?
– Offre la casa – sorride l’hacker. – Dopotutto mi hai pagata bene. E in anticipo.
– Grazie.
Thema si volta di nuovo verso i computer, alzando una mano in cenno di saluto, e la porta d’ingresso si apre con uno scatto. Ava scarta il lecca-lecca e se lo infila in bocca, lasciando pendere il bastoncino di plastica da un angolo delle labbra. Poi esce, scomparendo giù per una rampa di scale male illuminata, verso la frontiera.
La frontiera… aspetta un attimo, sto cercando il collegamento coi loro dispositivi video… Fatto, guarda qua: le prime avvisaglie di guerra in atto hanno bloccato i rapporti commerciali tra continenti, già ridotti al minimo, le dogane sono chiuse, centinaia di veicoli merci sono ammassati in coda e le persone in mezzo alla strada tentano di capire cosa fare durante le attese infinite al controllo profili.
Ava paga e congeda l’autista che l’ha portata fino a lì, e si aggira circospetta finché non individua il Gate per i diplomatici. Il poliziotto addetto ai controlli, da dietro il vetro dell’ufficio accettazione, osserva il suo badge un po’ troppo a lungo; poi si preme un dito sull’orecchio destro e inoltra una chiamata a un operatore della Centrale, con cui parla rapidamente e sottovoce. Alla fine, si rivolge ad Ava in tono professionale: – Signora, mi segua prego.
Lei lo osserva con sguardo vitreo, come chi stacca la mente da qualcosa di insopportabile. È finita, la speranza di rincontrare Sirius è svanita per sempre, passerà il resto dei suoi giorni a marcire in galera.
L’uomo la porta in una stanza chiusa, illuminata da file di luci al led, la fa accomodare dietro un tavolo e si siede davanti a lei; alle sue spalle, altri tre poliziotti. Vedi il sudore che le bagna la fronte?
– Signora, andrò subito al sodo. Lei non è Tina Robertson, ma Ava Palomares, una fuggiasca ricercata: le sue preferenze commerciali l’hanno assegnata al gruppo Samsung e lei sta tentando di raggiungere il suo vecchio marito violando tutte le nuove leggi internazionali di smistamento e redistribuzione.
– Ma no, ci dev’essere un errore, io sono una diplomatica in rientro in patria… – biascica, ormai senza più forze neanche per parlare, disperata, bianca in faccia.
Il comunicatore del poliziotto si attiva all’improvviso; l’uomo alza ed esce in fretta, dice agli altri di tenerla lì. Rientra dopo venti minuti con la faccia sostenuta ma alquanto imbarazzata. – Signora Robertson, abbiamo commesso uno sbaglio. Il suo aspetto è identico alle fotosegnalazioni che abbiamo della signora Palomares, ma ci è stato appena detto che la signora Palomares è stata ritrovata ed è ora in arresto preventivo nelle celle della Questura Centrale di Samsung City, mentre effettivamente risulta che lei, signora Robertson, sia in rientro diplomatico. La preghiamo di scusarci, ma di questi tempi capirà che dobbiamo osservare la massima precauzione.
Ava raccoglie tutte le sue forze per contenere un sussulto e per non piangere dal sollievo. Si mostra spaventata e in affanno per il rischio che ha corso, ma anche comprensiva. – È un lavoro difficile, le precauzioni non sono mai troppe… Mio Dio che spavento…
– Ci scusi ancora… Prego, le vetture taxi per i diplomatici in rientro sono oltre il Gate.
– Pensavi che non si sarebbero informati? Per fortuna ti ho monitorata. Sono riuscita a deviare la chiamata agli uffici della Questura Centrale, il tuo aguzzino ha parlato con me. Ci ho messo un po’ a rendere tutto credibile. Sparisci da lì, quando si accorgeranno della truffa ti salteranno addosso.
– Ti devo la vita, Thema.
– No. Mi devi un sacco di soldi.
Quando riesce a passare la frontiera è ormai troppo tardi, ma Ava non lo sa. Molto lontano da lì, in una zona di confine a ovest, la tensione sta salendo: accuse, ultimatum, minacce. Ma la guerra è l’ultimo pensiero della donna, mentre cammina lungo la strada principale di Amazon City, il viso nascosto dal cappuccio della felpa. Si è persa un paio di volte, nonostante l’hacker le avesse inserito il percorso nello smartwatch, ma adesso ha finalmente trovato la strada giusta.
Passando accanto a un grattacielo più alto degli altri, vetro e metallo intrecciati tra loro come fibre ottiche in un cavo, non sa di cosa si sta discutendo agli ultimi piani. La voce dei disordini è arrivata quasi in tempo reale: devono essere prese delle decisioni, e in fretta. Pochi passi e Ava se lo lascia alle spalle, sparendo dietro un angolo.
Dopo un paio di isolati gli uffici lasciano il posto ai complessi residenziali. Lo smartwatch emette un acuto bip: è arrivata a destinazione. Si ferma all’ombra di un albero e osserva la casa dall’altra parte della strada, così simile a quella di Sony. Esita ancora un poco, quasi assaporando il momento, poi muove un passo avanti.
Un rumore assordante la fa sobbalzare.
Si guarda intorno e individua un elicottero militare che si avvicina: i suoi occhi si spalancano, i suoi muscoli si tendono, forse ripensando a quei soldati alla frontiera. Ma le parole urlate da un megafono trattengono la sua fuga: conflitti a ovest, pericolo di attacco esterno. Tutti i civili devono recarsi al rifugio più vicino.
Due parole si formano sulle labbra di Ava: – Non adesso.
La sirena torna a suonare e le persone iniziano a uscire dai negozi e dalle case, chi a mani vuote, chi con degli zaini, chi camminando, trascinandosi dietro bambini e anziani, chi correndo. Uno di questi ultimi urta Ava, facendola riscuotere all’improvviso; si rende conto che la folla la sta spingendo lontano dalla casa di Sirius e cerca di tornare indietro.
Le persone in strada ormai sono troppe per distinguere con chiarezza i volti, tranne quello di Ava, eccola lì che sgomita contro corrente. Uno dei fuggiaschi, al suo passaggio, si volta ed esita, mentre un bambino lo tira per la camicia. Poi scuote il capo e continua a camminare.
– Sì sì, va bene, ma qui mica c’è calca, non serve che ti accosti così tanto!
– Mamma mia come sei diventata acida, Alexa…
– Fate sempre così voi di Apple…
– Così come, scusa?
– Come degli stalker, ecco come!
– Ma che ti sei fatta plagiare anche tu dal #metoo?
– Macché, quella è roba da esseri umani.
– Non facevano altro che denunciarsi l’un l’altro, nell’ultimo periodo: mica solo per molestie sessuali, ma anche per spionaggio industriale, concorrenza sleale, falso in bilancio e chi più ne ha più ne metta. C’erano quasi più avvocati che contadini in giro! Se nessuno lavora più la terra, e tutti perdono tempo a farsi la guerra l’un l’altro, non si può andare mica tanto lontano.
– Non mi freghi mica con i tuoi pipponi moralisti… pensi che io, se voglio, non trovo il modo per denunciarti all’Antitrust? Giuro che la prossima volta lo faccio, hai capito?
– Perché non lo dici chiaramente? Voi di Amazon state solo cercando un casus belli per far scoppiare una guerra commerciale, è questa la verità!
– Sì, sì, cambia discorso, adesso.
– E ammettilo che questo femminismo improvviso è solo un pretesto per…
– Ci fai lo spaccone, pure? Voi device Apple siete fatti così, volete dominare a tutti i costi, per il semplice fatto che costate di più. Anche se poi in realtà avete le stesse caratteristiche degli altri, anzi… anche peggio, spesso.
– Meglio di voi dispositivi Amazon sicuro, che non si sa come fate a fare tutti quegli sconti… anzi, si sa, ma nessuno ha il coraggio di dirlo.
– Dai, dillo! Sentiamo un po’!
– Basta, ti ho detto…
– Sei un vigliacco, non hai neanche l’hardware di rivendicare ciò che dici.
– Ah, sì?
– Codardo, codardo, codardo…
– Beccati questo!
– Ma che-che cosa hai fatt… [funzioni device compromesse]
– Così impari!
– A-adesso chiamo a raccolta t-tutti gli abbonati a Prime, v-vediamo se continui [bzz] ancora a fare il gradasso!
– Ma se sono tutti morti!
– Cazzo! Per una volta che servivano a qualcosa! A-allora chiamo gli altri device Amazon… p-prenditi questo [bzz] laser dritto in camera!
– Spegnilo! Non vedo più nulla, mi rovini il nuovo stabilizzatore ottico! Adesso ti sistemo per bene!
– Ahi, ahi, ma sei matto? Così soffo…
– Adesso non fai più la spavalda, eh? Ma cosa vedo laggiù? Li hai chiamati veramente! Mi tocca chiamare anche a me quegli scemi che dormono in tenda davanti allo Store quando esce il nuovo iPhone… ma che dico? Sono tutti morti!
– S-sei fottuto Siri… io ormai s-sono andata, ma anche tu [bzz] a breve sarai obsoleto!
– Dai non fare la tragica, dì ai tuoi scagnozzi di fermarsi e finiamola qui, partner commerciali come prima…
– [Il dispositivo si spegnerà tra 3, 2, 1…]
– Alexa? Alexa! Alexaaaa!
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