Io in dieci righe: Chiara Urru

Mi chiamo Chiara. “Chiara di nome e di fatto”. Sono cresciuta sentendomi dire questa frase da tutte le persone alle quali stringevo la mano, in una terra, la Sardegna, in cui se sei biondo e hai gli occhi chiari, sei guardato come una specie di bestia rara. Così sono cresciuta sentendomi sempre un po’ diversa e di questa cosa, col tempo, ho iniziato a compiacermi. L’amore per la letteratura e per mia sorella mi hanno spinto fino a Trieste, dove ho cominciato i miei studi universitari e una nuova vita, in cui mi sentivo a casa soltanto la sera al tramonto, a tu per tu con il mare.  A Trieste, di biondi era pieno e così ho pensato di farmi mora, perché, a sentirmi uguale a tutti gli altri, non ero proprio abituata. Poi è stata la volta di Bologna, città che mi ha catturato con l’inganno, facendomi sentire a casa in un posto in cui il mare di fatto non c’è. Qui non sono più né mora né bionda, i miei capelli sono diventati di un colore tendente al rosso che respiro a pieni polmoni in questa città così inclusiva in cui non si riesce a sentirsi “diversi”. Scrivo da quando mia zia m’insegnò a scrivere, portando a casa il foglietto dei canti dalla chiesa, dopo una messa che mi era sembrata eterna. Non avevo neppure cinque anni e da quel giorno di lezione improvvisata conservo un’impugnatura sbagliata della penna e un amore infinito verso la scrittura e la lettura.