Uno..Due..Tre.. – Marco Serci
– UNO..DUE..TRE.. –
Guardando il vuoto sotto di se, Aaron provò quella familiare
sensazione di vertigini avvertita ogni anno, durante le vacanza estive,
al momento di tuffarsi dalla Roccia del Leone.
In fondo egli non aveva mai amato tuffarsi dai 10 metri di altezza,
sui cui si ergeva la grossa rupe a strapiombo sul mare,
ma il timore di essere deriso,
e soprattutto l’amore adolescenziale che lo legava a Michelle,
gli avevano sempre fatto trovare il coraggio di saltare.
– Dai Aaron dammi la mano – gli diceva Michelle –
– E al mio tre saltiamo insieme..UNO..DUE..TREEEE!!!! –
Adesso si trovava ad affrontare un salto ancora più grande
senza che lei fosse lì a stringergli la mano.
A quel pensiero una morsa angosciante gli strinse lo stomaco,
e la troppa paura mista al dolore lo portò sul punto di piangere.
Il suo pensiero corse immediatamente a Michelle, a lei,
quella splendida ragazza dagli occhi cielo e il sorriso primavera
che a seguirla ogni estate, in quei tuffi spericolati,
alla fine era riuscito a far innamorare.
Ricordò la prima notte che fecero l’amore, sedicenni
ancora spensierati, con tanti progetti per il futuro
e un’incrollabile certezza che niente avrebbe potuto impedire
di realizzarli. Eppure Aaron, guardando il vuoto sotto di lui,
si rese conto della crudeltà dell’esistenza umana, e della certezza
che in questa vita tutti i castelli di sabbia
prima o poi vengono spazzati via dalla corrente del mare.
Con l’ultimo briciolo di razionalità rimastagli,
si impose di godersi quei
minuti per pensare a tutte le cose belle che avevano
reso la sua vita una giostra di felicità, da cui adesso toccava scendere.
E così penso alla colazione fatta a casa prima di
andare in ufficio…ogni mattina lui e Michelle a chiacchierare
seduti al tavolo della cucina..e sorrise ricordando
il simpatico baffo di latte che le si designava sul volto
ogni volta che lei affondava le labbra nel cappuccino.
Pensò a suo fratello, alle partite di calcio nel quartiere
giocate sempre in squadra insieme, e a come partita dopo partita,
da bambini incauti erano diventati ragazzi maturi
ma con in cuore sempre la voglia di giocare.
Ricordò gli amici di infanzia il giorno del suo matrimonio.
Tutti in fila uno accanto all’altro a ridere di gusto
nel vedere lui, così serio ed elegante salire all’altare,
e in quel sorriso qualcuno aveva anche il volto bagnato
dalle lacrime, forse dalla gioia mista al presentimento
che Aaron da ragazzo giovane e spensierato sarebbe diventato
marito e qualche mese più tardi padre responsabile.
Si perché qualche mese dopo il matrimonio era arrivata lei.
La stella più luminosa mai apparsa in cielo. La splendida Annalì dai
dolci riccioli biondi. Il pensiero che quella sera, per la prima
volta in tre anni, non avrebbe potuta tenerla in braccio
raccontandole le fiabe lette durante la pausa di lavoro, così da sorprenderla
ogni giorno con una storia nuova, gli causò un immenso dolore.
Sembrò che le gambe stentassero a rimanere dritte
e l’aria mista ad un odore di fumo si rifiutasse di entrargli in corpo.
Cercò di riacquistare il controllo di sé, facendo fede alla promessa
di godersi davvero quegli istanti.
Ripensando ai suoi venticinque anni si rese conto
che erano stati veramente magnifici.
Di solito quando si è colpiti da un lutto, da una perdita,
da un insuccesso, il peso del dolore si abbatte implacabile
costringendo a pensare quanto sia dura e infelice la vita.
Eppure in quei momenti in cui in
fondo non manca davvero niente, in cui i dettagli possono
essere grigi ma l’essenziale rimane sempre chiaro e splendente,
si fatica a riconoscere e ad apprezzare davvero la felicità.
A volte c’erano stati degli eventi che avevano minacciato
provvisoriamente la sua serenità: l’incidente dell’anno scorso
che gli aveva distrutto la macchina nuova, la mancata promozione
al posto di vice-direttore..eppure di fronte ad una madre magnifica
che l’aveva cresciuto con amore senza fargli avvertire mai
l’assenza del padre, ad un fratello e a degli amici che nel bene
o nel male l’avevano sempre sostenuto, ad una moglie
e una figlia che amava, che mai potevano essere
quegli eventi negativi se non nuvole nere passeggere
in uno sterminato cielo d’estate?
L’infelicità si è soliti avvertirla subito, ma la felicità,
quello forse era il trucco, riuscire a riconoscerla e
ad apprezzarla veramente quando questa era presente.
Ormai gli rimanevano gli ultimi attimi…
Il pensiero corse a suo padre. Già, quell’uomo caduto in
una di quelle stupide guerre che da sempre ormai, segnavano
e macchiavano il cammino umano su questo mondo.
E così Aaron, pensando alla sua situazione, ebbe come la percezione
di essere anche lui una sorta di vittima di guerra. In fondo questa riflessione
l’aveva già affrontata qualche anno prima,
quando cercando di trovare una spiegazione alla morte di suo
padre, si era convinto che in questi conflitti perenni,
a farne le spese erano sempre uomini e donne innocenti
che con le pretese dei governanti e i guadagni delle lobby delle armi
non avevano niente a che vedere.
Si sentì così piccolo di fronte all’immagine di un
grande scacchiere mondiale, mosso da giocatori i cui interessi
erano legati principalmente al potere e all’economia,
e i cui schieramenti tra pedine bianche e nere non erano mai veramente definiti.
Chissà se i buoni erano davvero buoni e i cattivi non erano
altro che uomini diventati ostili in un tentativo estremo e disperato di difesa?
Ad un tratto sentì un calore immenso straziargli la nuca.
Il fuoco aveva invaso completamento il piano e adesso era penetrato
da quell’unica porta nel suo ufficio per venirlo a prendere
tra le sue atroci braccia.
Evidentemente i soccorsi non sarebbero mai riusciti ad arrivare in tempo.
Pensò che non voleva morire bruciato,
ma piuttosto preferiva saltare dal grattacielo
ormai in fiamme, così che la sensazione di vuoto provata gli avrebbe
fatto ricordare per un ultima volta la sua amata Michelle.
Voltando la testa il suo sguardo cadde sul calendario appeso al muro.
11 Settembre 2001. Che peccato, ancora qualche giorno
e sarebbe stato il compleanno della sua figlioletta.
Fece un ultimo sorriso amaro ripensando a tutti i momenti belli
che aveva vissuto e a quelli che ancora avrebbe voluto vivere.
– Uno..due…tre….-
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