Suono senza soldi – Victor Moreno Serrano
Suono senza soldi.
Mi ritrovai nei pressi della Parrocchia di San Bartolomeo e Gaetano, situata nel centro di Bologna. Un amico mi aveva parlato della festa a cui stavo assistendo, si trattava di una festa solenne. La cosa particolare che mi colpì subito fu la moltitudine di gente presente alla cerimonia. Gente non certamente di origine italiana. A giudicare dall’aspetto, sembravano latinoamericani. Mi pareva curioso vedere un gruppo così grande di stranieri riuniti in un luogo sacro. Insieme a loro c’erano certamente tanti italiani e gente di chissà quale origine. Il mio lavoro di ricerca si stava arricchendo di tanti altri elementi che avevo considerato solo sommariamente. Ero alla ricerca di suoni; ricerca che quel giorno mi portò ad assistere ad una festa religiosa, i cui protagonisti erano di un altro paese: di un altro paese era il santo festeggiato, e così pure la gente che lo festeggiava. Ma a che ora iniziano a suonare le campane? Mi domandai.
Mentre seguivo attentamente il tintinnio delle campane, sentì che qualcuno tirava i miei pantaloni. Abbassai lo sguardo. Avevo perso il conto delle battute. Mi ero proposto di seguire la melodia delle campane per cercare di trascriverla al linguaggio musicale. Volevo capire la combinazione delle battute che in una solennità viene eseguita per poi crearne una nuova che desse il senso di festosità. Faceva parte del mio lavoro per la tesi di laurea. A quel punto però avrei dovuto aspettare l’inizio o il finire di un’altra messa. Solo che questa non era una comune messa, si trattava di una cerimonia solenne, del tipo di cerimonie che si celebrano una volta tanto. Avrei dovuto trovarmene un’altra. Chi aveva osato ad interrompermi?, mi domandai.
Vidi allora vicino a me una bambina, di circa dieci anni, che porgeva la mano verso di me, reagii spontaneamente facendo un segno che lei avrebbe dovuto interpretare come una risposta negativa, ma inaspettatamente insistette tirando ancora più forte i miei pantaloni. Nel tentativo di riprendere il corso dei suoni, cercai di ignorarla. A quel punto però rischiavo lo strappo dei miei pantaloni. Allora mi chinai verso di lei per vederla più da vicino e dargli qualche monetina. L’idea non mi entusiasmava troppo, ma era forse l’unica soluzione per liberarmi di lei… o meglio per fare della carità. Cercai frettolosamente nelle tasche dei miei pantaloni, ma niente. Cominciai a lanciare degli accidenti. E nel disperato tentativo di soddisfare la sua richiesta, mi apprestai a scovare qualche soluzione nella mia testa. Pensai che una banconota da cinque euro sarebbe stato troppo e che una da venti ancor di più. Tirai fuori il portafoglio e non vidi altro che scontrini e tessere di ogni tipo, ma di banconote nemmeno l’odore (oh che bel odore hanno le banconote appena prelevate dallo sportello automatico!!). Ero stato così impegnato che non avevo avuto il tempo nemmeno di prelevare/spendere dei soldi. Sia le tasche che il portafoglio erano vuoti… In tali circostanze cosa potevo fare?, mi domandai.
Allora la bambina, quasi immobile, con lo stesso sguardo che aveva il gatto con gli stivali in Shrek 2, portò la mano verso la tasca della gonnellina. Tirando fuori il primo soldino che pesco con la sua manina, si rivolse a me dicendo “tu sei più poverino di me, tieni”; una monetina da venti centesimi. Ecco cosa mi ero guadagnato per essere stato senza soldi… Ironia della vita, pensai, ma quanto poteva valere la vita di quella bambina? Mi domandai…
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