Io in dieci righe: Simone Kaev

Simone Kaev è nato nel 1990 in un luogo non più mappato sulle carte geografiche e fin da piccolo ha avuto dei problemi nel coltivare passioni. Se si volta indietro scorge un campo di fuochi di paglia. Un giorno sua madre gli disse che applicava lo stesso metodo a tutto il resto: alle cose, agli studi, alle persone, non scavava abbastanza, bruciava in fretta. Quindi, per sanare un senso di colpa metafisico, si è iscritto alla facoltà di filosofia; ma passando da un sistema all’altro, anche in quel campo non è andato a fondo, stanco ha appeso il badile al chiodo. Così si è infilato di soppiatto in una magistrale in letterature comparate: letteratura russa e americana per l’esattezza; sarà che ama le contraddizioni o forse perché, guardando con più attenzione al campo annerito che si stende alle sue spalle, intravede un alberello piantato a un’ora di auto da San Pietroburgo, con suo nonno, da ragazzino. Gli pare un esemplare di amore fisico per il romanzo. Non lontano c’è pure un arbusto, una leggera forma di cleptomania stilistica. Se fa un innesto ottiene un esemplare di affezione per la scrittura. Ma non ne conosce né la geometria né il colore.